mercoledì 2 settembre 2015
Un giorno al Centro diocesano Regina Pacis di Pozzuoli, che ospita alcuni minori stranieri arrivati senza famiglia. GUARDA IL VIDEO. (Pino Ciociola)
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Era sera, hanno chiamato dalla Prefettura di Napoli, non sapevano più dove sbattere la testa. Hanno richiamato durante la notte e «siamo usciti quasi all’una, siamo arrivati al porto, abbiamo preso dei ragazzi stranieri non accompagnati ed eravamo di nuovo qui alle sette», racconta don Gennaro Pagano, direttore del "Centro diocesano Regina Pacis" a Quarto (pochi chilometri da Pozzuoli), che segue una cinquantina di ragazzi con bei problemi provenienti dall’area flegrea e ne ospita di nuovi, immigrati, per questa emergenza. La ragione dell’accoglienza è in una frase: «Difendo il Crocifisso attaccato alla parete e poi quando mi arriva quello di carne lo mando dove è meglio non dire?!». Jaffre è nerissimo e nigeriano. È qui da un paio d’anni, tornasse nel suo insanguinato Paese, gli staccherebbero la testa solo vedendolo. Da poco ha lasciato il Centro, lavora e vive in affitto, stasera è venuto a cena, perché «voglio aiutare i nuovi ragazzi arrivati». Poco più tardi tutti a tavola, hamburger, formaggio e insalata, acqua e aranciata.
Letizia Scalia è mediatrice culturale al "Regina Pacis": «Il momento più difficile forse è stato quando due ragazzi egiziani si sono confidati con me come fossi la mamma o una sorella, dicendomi che avevano nostalgia del loro Paese». Marta Baiano ha vent'anni e ha iniziato oggi il volontariato qui al Centro: «Allora, com’è andato questo primo giorno?», le chiediamo. Sorride: «Molto bene! Credo di esser riuscita a insegnare loro diverse cose, ho ascoltato parte delle loro storie ed è stato commovente, voglio tornare anche domani». Qui, spesso a sorpresa, viene a mangiare il vescovo di Pozzuoli, monsignor Gennaro Pascarella. «Diciamo che il Centro non è nato per gli immigrati e che questa è proprio un’emergenza». Impossibile fare diversamente: «Di fronte alle storie di questi ragazzi, di fronte a queste nuove, grandissime sofferenze non potevamo stare con le mani in mano». Jaffre allarga e solleva le braccia dicendolo: «Qui è mia famiglia». Anche assai allargata, perché una settimana fa don Pagano aveva rivolto un appello su Facebook, le spese erano aumentate di colpo ed era diventata dura tenere in piedi la baracca. Scendiamo nei locali della cucina e della dispensa e al sacerdote gli occhi brillano aprendo gli sportelli per far vedere: «Queste pentole, queste posate non c’erano, le hanno portate le persone e non solo da Quarto, sono bastate quelle poche righe e la gente si è subito mobilitata da Pozzuoli, da Bagnoli, da altre parrocchie». A proposito, il "Centro Regina Pacis" non prende un soldo pubblico, vive solo con l’«otto per mille e la Provvidenza, che per noi sono le donazioni dei privati».
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