martedì 27 ottobre 2015
La sfida di Bollate, dove nove detenuti aprono al pubblico sei giorni su sette "InGalera", un locale curato in ogni dettaglio.
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Questa sera, si cena "InGalera". Sta tutta in un gioco di parole e in una provocazione, la nuova sfida del carcere milanese di Bollate che, unico in Italia, ospita all’interno delle mura un vero e proprio ristorante. Con un menu e una carta dei vini che non hanno nulla da invidiare ai locali più celebri di Milano. Gnocchetti di zucca con calamaretti, gamberi e piselli o quadrotti di controfiletto con finocchi stufati e carotine caramellate sono solo alcune delle specialità del menu. Cuochi e camerieri sono nove detenuti, istruiti e guidati da uno chef e da un maître professionisti dalla lunga carriera nella ristorazione di alto livello, che hanno affrontato questa nuova sfida con entusiasmo: «Qui si lavora con persone che hanno sbagliato e che stanno portando avanti un percorso di reinserimento, a cui bisogna insegnare tutto. Ma hanno molta umiltà e grande voglia di imparare», spiega il maitre, Massimo Sestito.Attivo già da qualche settimana, il ristorante "InGalera" è stato presentato ufficialmente ieri. Tutti i dettagli sono stati curati con la massima attenzione. Tovaglie di lino e posateria di alta qualità per la sera. Simpatiche tovagliette di carta per la pausa pranzo che riproducono stampe delle prigioni d’Italia e del mondo: da Regina Coeli a Dorchester, in Inghilterra.E la cura per il dettaglio arriva fino al piatto. Per Marco, 40 anni, una delle soddisfazioni più grandi è «sapere che il cliente ha gradito non solo il cibo, ma anche la preparazione». Sotto la guida attenta dello chef Ivan Manzo, Marco mette molta cura nell’impiattare il cibo, guarnirlo per bene con salse e intingoli: «Si mangia con tutti i cinque sensi, quindi anche con gli occhi», spiega. Per Marco, Said, Davide e gli altri detenuti, il ristorante rappresenta una straordinaria opportunità per imparare un mestiere. «Per non sprecare il tempo che dobbiamo passare qui», riflette Marco. Perché il lavoro rappresenta l’arma migliore per combattere la recidiva ed evitare che l’ex detenuto, una volta tornato in libertà, commetta nuovi reati. Ma imparare un mestiere spesso non basta. «Non è la magistratura a dare il fine pena ai detenuti, è la società – sottolinea la presidente della cooperativa, Silvia Polleri –. Perciò voglio che "InGalera" diventi un marchio forte e credibile. E che possa costituire un elemento importante nel curriculum di ogni detenuto che vi transiterà». Il ristorante rappresenta anche un modo per superare le invisibili barriere che separano il mondo esterno dal carcere. «La sfida più importante è quella culturale – aggiunge il direttore, Massimo Parisi – con la sua costante apertura al pubblico il ristorante vuole essere un’opportunità di interfacciarsi con l’universo carcerario e riflettere sul senso della pena». Il ristorante "InGalera" ha 52 coperti ed è aperto a pranzo e a cena, sei giorni su sette (chiuso la domenica sera). Propone la formula "quick lunch" a pranzo dal lunedì al venerdì (12 euro il piatto unico) mentre il sabato a pranzo e tutte le sere propone cena alla carta il cui costo varia dai 30 ai 40 euro. È obbligatoria la prenotazione telefonica (tutti i riferimenti sono sul sito www.ingalera.it).
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