martedì 9 agosto 2016
Alpinismo, fede e solidarietà, incontro con Tamara Lunger
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Materna con i ragazzi disabili che ha condotto fin lì, giocosa con le guide alpine che hanno cenato al suo tavolo, irruente con le 42 persone che si sono immerse con lei nell’esperienza di “Cima Brenta Open” ( Leggi l'articolo ). Sabato 6 agosto, rifugio Tuckett, cuore delle Dolomiti di Brenta. Quando il tramonto filtra dai finestroni e incendia i ghiacci dell’Adamello, Tamara Lunger si apre ad Avvenire e Radio Trentino inBlu: “L’importante non è arrivare in vetta – scandisce nel suo simpatico accento altoatesino -, ma compiere ogni giorno un passo in più di quello precedente”.

Tamara Lunger in montagna con un suo amicoE chi più di lei ha ragione di dirlo? Lo scorso febbraio si era ritirata a pochi metri dal Nanga Parbat, lasciando la gloria al suo compagno di cordata Simone Moro. Allora era triste. Oggi, invece, per quella che chiama la sua “non cima” ringrazia il Signore: “Mi ha fatto maturare molto, mi ha fatto capire quali sono i miei valori, mi ha insegnato tantissime cose...” …ponendo le basi della tua presenza a “Cima Brenta Open”. Diciamo di sì. Circa un anno fa, ad Arco di Trento, alcune persone che si occupano di sport per disabili mi avevano invitato a una loro mostra fotografica. Là ho conosciuto alcuni ragazzi svantaggiati: me ne sono subito innamorata e ho promesso che avremmo fatto qualcosa insieme. Così, quelle stesse persone mi hanno invitato anche qui. E tu hai mantenuto la parola. Non solo l’avevo promesso, ma sentivo e sento che ho qualcosa da dare a questi ragazzi: non importa se sei veloce o lento, se arrivi in cima o resti al rifugio, se vai in bici o fai nuoto. L’importante è avere una passione che ti porta là dove il giorno prima tu non riuscivi a essere. Ovvio che la tua sia l’alpinismo… Non è proprio così. C’è una passione ancora più grande che anima la mia vita, ed è la preghiera. L’alpinismo non solo non ha preso il suo posto, ma l’ha intensificata. Sei cresciuta in una famiglia religiosa? Molto. Fin da piccola, alla sera pregavamo insieme. E i genitori concludevano dicendomi sempre “se Dio vuole, domani ti alzerai di nuovo”. Come lo immagini, ora, questo Dio? Per me è uno degli uomini più belli del mondo. Anzi, il più bello! So che un uomo in particolare ti ha fatto soffrire molto… Vero. Ma anche in questo è entrata in gioco la fede, perché sapevo che Dio mi guada sempre: ed è molto bello avere una così grande fiducia in lui sebbene non si veda, non si senta e non si possa toccare. Quando vai in montagna, cambia la tua preghiera? Diciamo che diventa più forte, perché spesso chiedo a Dio cose semplici ma vitali. Per esempio: “Fa’ calare il vento”, oppure “concedimi di arrivare in cima”. Quasi sempre mi ascolta. Ma quando ciò non accade lo leggo come un segno della sua volontà: si vede che non devo andare oltre. Tu lo insegni: la montagna è da sempre icona della vicinanza di Dio… E’ anche per questo che mi piace scalare. Io scalo con il cuore, per me è come fare un atto d’amore. Verso Dio, ma anche verso le persone che mi accompagnano e che incontrerò poi nella mia vita. Ed è bello vederti tener per mano questi disabili… Vorrei però fosse chiara una cosa: io ricevo molto più di quello che posso dare. Da loro mi sento amata, e questa è per me la cosa più bella. (Sabato 6 agosto era il giorno della Trasfigurazione, quello in cui la Chiesa ricorda Cristo che sceglie il monte Tabor per manifestare la sua divinità a Pietro, Giacomo e Giovanni. Il gruppo di “Cima Brenta Open” era partito da Madonna di Campiglio. E proprio lì, come accade da molti anni, don Romeo Zuin ha rinnovato la “Camminata della Trasfigurazione”: quattro passi nel bosco, in leggera salita, scanditi da letture e riflessioni bibliche.)
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