sabato 29 agosto 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
«Quando ho visto quei ragazzi di Comunione e Liberazione rincorrermi per dirmi che ne avevano appena acquistate tre copie, mi si è allargato il cuore». Negli occhi di Carlin Petrini lampeggia una gioia stupita. La stessa, credo, che provava negli anni Cinquanta, allorquando vendeva porta a porta l’Unità. Se non che adesso nei convegni promuove la Laudato si’. L’ha fatto anche a Rimini, invitato dal Meeting ad analizzare quest’enciclica sociale che non esita a definire «rivoluzionaria». Un intervento intenso, su cui vale la pena di tornare insieme al fondatore di Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, sia perché è stato oltremodo sintetizzato sia perché il risotto e la barbera del nostro Piemonte ci aiutano a scandagliare il messaggio ben più a fondo. La boiserie della Trattoria Masuelli, storico covo di Arcigola a Milano, è ancora quella di novant’anni fa. I proprietari, anche loro piemontesi, si accasarono sotto la Madonnina negli stessi anni in cui i nonni del Papa s’imbarcavano sul Giulio Cesare. Si cantava «Trenta giorni di nave a vapore fino in America noi siamo arrivati...» e poi  «abbiam dormito sul nudo terreno, come le bestie che va a riposà…». Petrini la sa a memoria, per lui esiste un filo rosso indistruttibile tra l’epopea dell’emigrazione italiana e il dramma dei profughi dei nostri giorni. «Sai, i nonni del Papa, se avessero trovato i soldi, sarebbero partiti con il Principessa Mafalda, colato a picco davanti alle coste brasiliane, e per un agnostico come me, come ho detto una volta a Francesco, questa è la prova dell’esistenza di Dio...» Si torna così sulla celebre telefonata dell’ottobre 2013 con il Santo Padre. Rinnova quel sagace "va be’, se la tenga" con cui nonna Caterina replicò al parroco di Bra che insisteva sul fatto di non poterle dare l’assoluzione, in quanto, lei, cattolicissima, votava per il Pci, il partito del marito. Poi, tutto d’un fiato, prende a parlare di questo pontefice che, rompendo gli schemi e terremotando il dibattito pubblico mondiale, ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco la critica alla globalizzazione e alla mercificazione dell’uomo e dell’ambiente, di condannare la società dello spreco e di additare lo scandalo della fame. Prima, personalissima conclusione: «Varda pa, - cioè guarda un po’, esclama con un sorriso liberatorio - chi l’avrebbe detto che doveva venire un papa dall’Argentina a cambiarmi la vita». Al di là della bonomia di questa chiacchierata, Petrini è uno dei pochi leader mondiali che abbiamo in questo Paese. Definizione laicissima, vergata da Michele Serra quando tra gli amici di Slow Food figuravano "solo" Carlo d’Inghilterra e Vandana Shiva. È comprensibile che la recente sintonia con il Papa sorprenda molti, a partire dai militanti di Slow Food, nata da una costola dell’Arci e cresciuta nel mondo laico, che seguono un po’ straniti il Carlin-papista. Lui spiega che è rivoluzionario non solo quel che dice Bergoglio, ma anche il suo stile. «Nell’epoca delle tragedie planetarie e della politica dei tweet, Francesco, con le sue idee sulla biodiversità, sulla sobrietà di vita e sulla decrescita, viola antichi tabù e indica la strada per nuovi paradigmi sociali ed economici, di cui il mondo ha disperatamente bisogno - sottolinea -. I difensori dello status quo replicano con l’indifferenza, che è un’arma micidiale, ma assisteremo presto alla resa dei conti: il viaggio in America ci dirà se la speranza dei latinos e degli uomini di buona volontà è più forte dei "valori" della famiglia Bush». Quest’uomo che ha fatto riscoprire le radici antropologiche del gusto non sopporta la cucina in tv - la chiama «pornografia gastronomica» - ma quando ti racconta la vera storia della gastronomia italiana, quella scritta nelle vecchie osterie e dalle nostre nonne, provi tenerezza e le vedi proprio quelle donne emiliane, intente a ripiegare sempre meglio la pasta dell’agnolotto, da quattrocento anni.La sua adesione al pensiero di Bergoglio, invece, è politica. In senso alto. Si parte da un’analisi: «Il pensiero contenuto nella Laudato si’ - spiega - è il frutto di una profonda riflessione, che il Papa ha maturato negli anni, anche se - evidentemente - non ha colto la Chiesa impreprarata, perché la prospettiva dell’economia sociale si è aperta con la Caritas in Veritate di Benedetto XVI; credo però che un salto di qualità sia determinato dal fatto che quest’enciclica parla all’umanità e non solo ai cattolici. Per questa ragione, siamo di fronte a un documento di rilevanza storica, culturale, filosofica, politica, spirituale e sbaglia chi la costringe entro una logica ecologista. È la risposta al nuovo umanesimo che tutti stiamo cercando».  Il tema del convegno ecclesiale di Firenze fa capolino, inatteso, nella rilettura petriniana e la discussione sfocia: si ragiona di land grabbing e caporalato, «del mare in cui muoiono i siriani, che è poi lo stesso mare in cui morivano i nostri migranti», dei contadini italiani che sono «allo stremo, pagati pochi centesimi al chilo», della vacca agerolese che è sparita perché la frisona produce più latte, ma insieme alla razza autoctona è sparito anche il formaggio che si produceva sui monti Lattari... Tutta colpa dell’Europa e dei mercati, ma anche dei consumatori «che vedono Masterchef e poi comprano la melanzana che costa meno. Salvo riempire la pattumiera di scarti! Non ci salveremo - ammonisce - se non torneremo a conoscere la storia, la sapienza, il valore che c’è dentro il prezzo di un cibo, se non riscopriremo i pregi dell’economia di sussistenza, che era povera ma non uccideva. Dobbiamo praticare nel quotidiano quell’ecologia integrale di cui parla papa Francesco». Gli chiedo che cosa ci faccia Slow Food all’Expo, tra Mc Doland’s e Coca Cola - «non potevamo non esserci, ma a cosa serve una fiera sul cibo in cui non c’è un solo contadino?» è la risposta – e mi spiega che sta lavorando perché Terra Madre Giovani, l’appuntamento straordinario di ottobre, porti all’esposizione anche la voce e i volti di contadini, allevatori e pescatori impegnati nella produzione sostenibile del cibo. Una mano gliela stanno dando anche i cattolici. «Può sembrar strano che un laico si faccia cambiare la vita da un Papa - ammette infine il patron di Slow Food - ma Francesco, credetemi, è l’unico in grado di innescare un vero cambiamento, perché sa usare l’empatia. Il dialogo esige comprensione, intellettuale e umana; quella intellettuale è importante per capire altre culture, come il mondo islamico; ma la comprensione umana è più potente, perché si basa sull’empatia, la comprensione dell’altro. Francesco la pratica e la gente lo avverte». Sono passati tanti anni, destra e sinistra sono tornate a essere direzioni di marcia e lui è diventato un opinion maker globale, ma Carlin Petrini resta convinto che la vera "rivoluzione" sia quella che parte dal basso. Come si legge al paragrafo 123 della Laudato si’: «Non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l’ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o princìpi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: