sabato 5 aprile 2014
Appello di Cir, Acnur e Caritas: accoglienza da organizzare. Hein (Consiglio per i rifugiati): «La situazione si può risolvere con i visti protetti». Sami (Onu): «L’ondata di sbarchi era prevista, bisogna attrezzarsi per l’arrivo»
Profughi e migranti, drammi e doveri di Paolo Borgna
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Perplessità e preoccupazione per il futuro delle operazioni di pattugliamento "Mare nostrum", che in questi mesi hanno salvato migliaia di vite umane nel Mediterraneo. Soprattutto in un periodo di forte aumento di arrivi di famiglie con bambini piccoli e minori non accompagnati.Dopo le dichiarazioni del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale ha rivelato che al Viminale risultano pronte a imbarcarsi in Africa verso le nostre coste tra le 300mila e le 600mila persone e ha sottolineato la necessità di una “difesa delle frontiere” attraverso il rafforzamento dell’agenzia Ue Frontex, gli operatori umanitari non confermano l’entità della massa di disperati pronti all’esodo. Ieri la fondazione Moressa ha disegnato un quadro che darebbe ragione ad Alfano: nei primi tre mesi del 2014 il numero di migranti arrivati via mare nel Belpaese - 12mila - risulta 13 volte superiore allo stesso periodo del 2013, al termine del quale sono stati accolti 43 mila profughi. Solo il mese scorso sono arrivate 4.500 persone. «È prevedibile un’impennata di arrivi via mare di africani e di siriani, però prepariamoci ad accogliere 60 mila persone – sostiene  Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati – perché non tutti i profughi sulle coste libiche ed egiziane partiranno. Le dichiarazioni allarmistiche del ministro hanno lo scopo di preparare il terreno per far cessare l’operazione "Mare Nostrum", criticata da Francia e Germania come strumento di arrivo sicuro da parte dei migranti». Per Hein il pattugliamento aumenterà le partenze, ma è necessario per salvare vite umane in balia delle carrette del mare e in mancanza di alternative che pure ci sarebbero. «La situazione si può risolvere con i visti protetti, che consentirebbero un ingresso legale a tempo in aereo o in traghetto e che potrebbero venire rilasciati dalle ambasciate Ue. Qualcosa si muove, lo scorso 13 marzo la Commissione europea ha scritto al Parlamento una lettera sollecitando una discussione e il prossimo consiglio d’Europa in Grecia parlerà di asilo e cooperazione con paesi terzi. E a luglio la guida passerà all’Italia, che si è impegnata a portare avanti questi temi. Intanto resti "Mare nostrum"».Perplessa anche Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: «Non conosciamo le fonti del ministro Alfano. Certo, è visibile l’aumento della pressione alle frontiere: i subsahariani premono alle frontiere europee marine e terrestri e, rispetto ad un anno fa, partenze e sbarchi sulle coste italiane, spagnole e su quelle greche sono in aumento; migliaia di profughi siriani si sono inoltre spostati da Giordania e Libano verso Egitto e Libia, dove pensavano di trovare lavoro, ma l’instabilità spinge a partire soprattutto le famiglie con bambini piccoli. Ma non è detto che tutti si imbarchino». Sami sottolinea invece le precise responsabilità di accoglienza degli stati europei verso i potenziali richiedenti asilo. «L’allarmismo non serve. L’ondata di arrivi era prevista, va organizzata l’accoglienza in territorio italiano di persone che in larga parte hanno diritto all’asilo, dato che Lampedusa è chiusa da tempo. Poi gli altri membri Ue devono accettare una redistribuzione dei profughi, necessaria perché i più non restano in Italia. Il problema oggi è il numero crescente di minori non accompagnati, circa il 6% degli arrivi».Conferma Oliviero Forti, responsabile immigrazione di Caritas italiana: «I minori soli aumentano ed è difficile trattenerli. A noi 600mila migranti in procinto di partire sembrano troppi. Il Viminale nel 2011 parlava di tsunami umano per l’emergenza Nordafrica e poi arrivarono 34 mila persone. Comunque prepariamoci ad accogliere meglio». Forti, che guida anche la commissione immigrazione di Caritas Europa, conferma che l’organizzazione ecclesiale farà pressioni su Bruxelles.
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