venerdì 7 febbraio 2014
Tra Napoli e Caserta il dramma dell'indifferenza: 400 persone vivono tra le esalazioni, costrette a respirare miasmi venefici di residui ad alto rischio. Il sito accanto alla discarica è stato scelto dal Comune. VAI AL DOSSIER
 Quel dimenticato popolo di Giugliano Patricello/Tarquinio
La diocesi: «Tutti gli appelli caduti nel vuoto»
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Rifiutati dell’umanità sui rifiuti dell’uomo. È il nuovo/vecchio dramma della "terra dei fuochi". Centinaia di rom obbligati delle istituzioni a vivere in mezzo alle discariche. Bambini che giocano tra esalazioni tossiche e scarti industriali. Campo regolare, non abusivo, ma tra fumi e veleni. Giugliano, 120mila abitanti al confine nord del Napoletano, cuore delle ecomafie, al centro della cosiddetta "area vasta": 30 discariche in appena 7 chilometri quadrati, tutte ufficiali anche se molte poi finite sotto inchiesta e ancora oggi sequestrate, come la famosissima Resit dell’imprenditore Cipriano Chianese, per la quale è stato da poco condannato per disastro ambientale e avvelenamento delle acque il boss del "casalesi", Francesco Bidognetti, "Cicciotto ’e mezzanotte", tra gli inventori delle ecomafie. Sito di interesse nazionale, poi incredibilmente "declassato" a Sito di interesse regionale. Anche se molti dei veleni di queste discariche vengono dal Nord. Ebbene, come ricorda nella sua denuncia don Maurizio Patriciello, «proprio qui sorge un campo rom con circa 400 persone, la maggior parte bambini, adolescenti o giovani mamme». Conosciamo bene questa realtà, una storia quasi trentennale. L’ultima volta ci siamo stati nel giugno scorso quando venne dato fuoco a una delle discariche, sequestrata nel 2009 all’imprenditore Gaetano Vassallo, uno dei "re" delle ecomafie e oggi collaboratore di giustizia. Una densa colonna di fumo nero si era alzata per ore, veleni respirati dai rom che vivono a meno di venti metri. «Ma non protestano - scrivevamo allora -, anzi alcuni di loro frugano tra la cenere alla ricerca di qualche metallo da recuperare». I rom che vivono in questo inferno fanno parte di un gruppo di circa mille persone che per decenni sono stati in vari campi nell’Asi, l’area industriale di Giugliano. Ognuno col cartello "Campo 1", "Campo 2" e anche "Kampo 7", con la kappa, che evoca tristi ricordi di deportazioni. E questa sembra davvero una deportazione, con tanto di camera a gas finale. Anche allora le baracche erano su una discarica anni ’80, più di 100mila metri quadrati di rifiuti tossici. Nel 2003 alcuni rom cominciarono ad avere malattie della pelle. Il 27 gennaio 2004 muore il piccolo Samir, appena 19 giorni, "morte bianca da ecomafie", venne definita. L’Arpac fece delle analisi e accertò la presenza di rifiuti pericolosi, il luogo venne sequestrato ma l’unica "messa in sicurezza" furono alcuni picchetti e le classiche bande di plastica bianche e rosse. Ma i rom rimasero lì. Fino al 2010 quando l’amministrazione dell’Asi li sgomberò. Solo una piccola parte venne sistemata dal comune in alcuni container. Gli altri rimasero, in modo ancora più precario, sul confine dell’Asi. Il 23 marzo 2011 ci muore un altro bimbo di appena 13 mesi. I più sfortunati sono gli ex del "Kampo 7", circa 400, due terzi minorenni. Prima si fermano vicino a un ipermercato. L’amministrazione locale vorrebbe mandarli in un altro comune, eppure sono tutti cittadini di Giugliano, con tanto di carta d’identità. Ma non serve a niente. Per loro è un vero e proprio esodo. Prima un’area tra assi stradali nella zona del lago Patria, a rischio di essere investiti dal traffico qui particolarmente intenso. Deve intervenire la polizia per evitare un dramma ma anche possibili tensioni con gli abitanti. E allora di nuovo in marcia. Nuova tappa sotto allo svincolo di un’altro asse stradale e vicino a una centrale termoelettrica. Senza acqua né luce. Tra rifiuti (ancora…) e prostitute dell’est Europa. Qui restano fino al marzo 2013. Il comune, nel frattempo sciolto per infiltrazione camorrista, individua finalmente un luogo dove installare un campo attrezzato. In realtà lo aveva già fatto l’amministrazione "collusa" ma la decisione viene confermata dai commissari inviati del ministero dell’Interno. Ed è proprio quella in mezzo alle discariche dove vivono da un anno. Don Maurizio ci porta a ottobre la commissione Ambiente del Senato e i parlamentari sono circondati da bambini mezzi nudi che corrono tra i rifiuti. Ci passa anche Matteo Renzi nella sua prima uscita da segretario il 20 dicembre. Ma i 400 avvelenati sono sempre lì. E nessuna soluzione meno drammatica viene avanzata. Così ora don Maurizio lancia il suo nuovo appello. Chi lo ascolterà?
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