martedì 25 febbraio 2014
Le associazioni del Fonags chiedono di rivedere le linee guida dell’Unar, dettate da 29 gruppi gay e Lgbt. VAI ALLO SPECIALE
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«Sono la mamma di un bambino di 10 anni che frequenta la quinta elementare in una scuola statale di Roma: mi aiuta a capire quali cambiamenti stanno avvenendo nella scuola all’insaputa delle famiglie?». Questa lettera è giunta nei giorni scorsi sul tavolo di Roberto Gontero, coordinatore del Forum delle associazioni dei genitori della scuola (Fonags) e ben rappresenta lo stato d’animo delle famiglie, che si scoprono indifese rispetto all’offensiva delle lobby gay e Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transesessuali) nelle scuole. Questa mamma dà sfogo al «non poco disagio» creato, a lei e al marito, dalle domande del figlio decenne, di ritorno da una “lezione” su sessualità e omosessualità. «Sia io che mio marito – scrive la donna – siamo dell’idea che non sia necessario affrontare tali temi con bambini di quinta elementare. E soprattutto siamo indignati perché non ci è stata richiesta alcuna autorizzazione».Ma chi la doveva richiedere, se la stessa Strategia nazionale messa a punto dall’Unar, cornice istituzionale entro cui si collocano le iniziative nelle scuole, come questa di Roma, è stata messa a punto con il contributo di ben 29 associazioni gay e Lgbt, senza nemmeno coinvolgere il Fonags?«Il nostro – ricorda Gontero, che è anche presidente dell’Agesc, l’associazione dei genitori della scuola cattolica – è un organismo consultivo del Ministero dell’Istruzione che, per legge, deve essere, appunto, consultato. Ci chiedono pareri su tutto, dal bullismo alla didattica digitale, ma su questa questione siamo stati totalmente tenuti all’oscuro. Come genitori ci siamo sentiti scavalcati».Il coordinatore del Fonags ha così scritto una lettera all’allora ministro Carrozza, sollecitando l’emanazione di una circolare urgente alle scuole per chiedere, qualora ci fosse la necessità di trattare queste tematiche in classe, di farlo solo dopo aver ricevuto il consenso scritto dei genitori.«Purtroppo – conclude Gontero – fatti come quello raccontato dalla mamma romana e come i tanti che stanno accadendo in altre parti d’Italia, contribuiscono a frantumare il patto educativo tra famiglia e scuola, che si fonda sulla fiducia reciproca. Se i genitori, invece, non si fidano più della scuola, il sistema dell’educazione si avvia verso a propria distruzione. E questo non è accettabile».La preoccupazione di Gontero è la stessa di Fabrizio Azzolini, presidente nazionale dell’Associazione genitori (Age) e membro del Fonags, che chiede un ripensamento del governo circa la Strategia nazionale targata Unar. «Il 5 marzo incontreremo il nuovo ministro Giannini per la presentazione delle linee programmatiche – annuncia Azzolini –. L’auspicio è che il nuovo corso si annunci diverso dal vecchio, che su queste tematiche non ci ha minimamente tenuto in considerazione. Come si fa ad avere fiducia in uno Stato che tratta così chi, come l’Age, è nella scuola da 46 anni, per dare voce soltanto a una parte ben orientata? Forse dovremmo diventare gay per ottenere l’attenzione del governo?».Provocatoria, ma fino a un certo punto, la questione posta da Azzolini. È bene ricordare, infatti, che, soltanto nel 2013 e soltanto dall’Unar, le associazioni gay e Lgbt hanno ricevuto finanziamenti pubblici per 250mila euro.Sulla «totale espropriazione dei genitori della titolarità dell’educazione» dei propri figli, torna il presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari, Francesco Belletti, ricordando che il diritto-dovere dell’educazione è sancito dall’articolo 30 della Costituzione. «Ci stupisce – prosegue – come queste associazioni abbiano avuto libero accesso alla scuola, senza che le famiglie ne fossero informate. Così si lede il diritto alla cittadinanza attiva dei genitori nella scuola».Non si stupisce, invece, Simone Pillon, responsabile della Commissione relazioni familiari e diritti del Forum nazionale e presidente del Forum delle famiglie dell’Umbria, autore di un vademecum di difesa per le famiglie. «Da noi lavorano così da anni. Per questo sarebbe bene che il governo ritirasse la Strategia e si aprisse un nuovo confronto con la presenza, questa volta, anche delle associazioni familiari».
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