martedì 16 ottobre 2012
​Dopo il caso di Padova, parla Ernesto Emanuele (Famiglie separate cristiane): subito percorsi di mediazione obbligatoria, possono rendere meno traumatica la sorte dei minori. IL DIRETTORE RISPONDE
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Il caso di Padova, tristissimo come tutti quelli in cui sono coinvolti i bambini - circa 23mila solo nell’ultimo anno, quasi un milione nell’ultimo ventennio – è servito a riaccendere i riflettori sui problemi sulla conflittualità esasperante che lacera rapporti già esigui, sulla legislazione che sembra congegnata apposta per complicare situazioni foriere di profonde sofferenze. Nel nostro Paese nessuno - a parte la Chiesa - sembra avere davvero a cuore la tenuta del matrimonio e quindi delle famiglie. Anzi, esistono lobby potenti dentro e fuori il Parlamento, che lavorano per indebolire, creare fessure, introdurre mentalità dirompenti per la sorte di tante coppie e di tanti bambini. Dietro ci sono ragioni ideologiche, ma anche bassi interessi di cassetta. Tante le questioni aperte su cui non ci stancheremo di chiedere conto. Perché, per esempio, a distanza di pochi anni, si è arenato l’istituto dell’affido condiviso? Perché le proposte di legge finalizzate a rendere meno conflittuale la separazione non riescono a farsi strada? Inutile farsi paladini della famiglia, se poi non si fa seguire i fatti ai tanti proclami lanciati per motivi propagandistici.Di essere coniugi si può smettere, di essere genitori mai. È questa la certezza su cui si basa da un ventennio l’attività dell’associazione Famiglie Separate Cristiane, ma anche la loro indignazione di fronte agli ultimi penosissimi casi di figli sacrificati sull’altare dell’egoismo adulto, capri espiatori di separazioni sfociate nell’odio, strumenti di vendetta branditi per punire rancori di anni. Le immagini del bambino di Padova trascinato via dalle forze dell’ordine, mentre i suoi "cari" se lo contendono con violenza e lui stesso si dibatte proprio come un cucciolo quando è braccato dal branco che lo caccia, non possono non interrogarci su fatti che avvengono fin troppo spesso, anche quando non c’è la telecamera di una zia a riprendere il tutto.«Non conosciamo le motivazioni della sentenza che ha affidato quel bambino al padre, dobbiamo ritenere comunque che abbia motivazioni gravi e giustificate. Esprimiamo invece tutta la nostra indignazione sulle modalità», commenta Ernesto Emanuele. L’associazione di cui è presidente raccoglie padri e madri separati «nella convinzione che per la crescita dei figli sia necessaria la presenza di entrambi i genitori. Separati ma pur sempre genitori».In questo caso le responsabilità sono tante. Che cosa è inaccettabile?Tante cose. Il prelievo del bambino va fatto in ambiente protetto all’interno della scuola, con operatori sociali qualificati e agenti professionalmente addestrati. Il buon senso, che spesso gli adulti non hanno, vuole poi che al bambino si parli, non che lo si prelevi come una bestia al macello. Occorrono regole nuove, che costringano i genitori separati a trovare un accordo sui figli, affinché uno scempio del genere non possa più avvenire.Che cosa proponete voi, famiglie dolorosamente passate attraverso la separazione, pur restando nell’abbraccio di una Chiesa accogliente?La proposta nostra e del Forum delle Associazioni familiari – di cui facciamo parte – è che la legge sull’affido condiviso venga modificata, perché evidentemente così com’è non basta a tutelare i minori.In che modo?Attualmente è prevista la figura di un mediatore tra i due coniugi, ma è facoltativa e comunque senza restituzione al giudice, ovvero non gli può riferire nulla, nemmeno ad esempio che il padre e la madre, seppure convocati, non si sono mai presentati. A che cosa serve, allora?Quale modifica proponete?Chiediamo invece un percorso che sia preventivo e soprattutto obbligatorio. Dico preventivo perché avrebbe luogo subito dopo il deposito dell’istanza di separazione da parte dei coniugi e prima dell’udienza del presidente, che di solito avviene dopo mesi. In questo lungo lasso di tempo marito e moglie dovrebbero incontrarsi con un terzo, una figura adeguatamente formata, e mettere giù nero su bianco una bozza di accordo di separazione, con il progetto educativo sul minore. Aiutati da questa figura, che potremmo chiamare "facilitatore", evidenziano nella bozza tutti i punti in cui non trovano un accordo: chi porterà il bambino all’asilo, se deve o no andare alla Messa, quali amici può frequentare, che sport seguire... Sembrano banalità, ma in una separazione sono questi i nodi che diventano insormontabili e per i quali spesso un figlio diventa strumento di ritorsione verso il coniuge. Questo accordo poi in udienza arriva al giudice, che decide i comportamenti. E tutto resta scritto.Ma tra adulti incivili può ancora servire la forza, per farlo rispettare...E allora servono agenti di buon senso, assistenti sociali formati, adulti seri, che sanno come trattare con un bambino terrorizzato.Qual è l’identikit del "facilitatore"?Un volontario: il medico del paese, il maestro, la farmacista... L’Italia che funziona è quella che si basa sui volontari. Deve seguire corsi di formazione e poi agire col buon senso.L’affido condiviso ha fallito?Quella legge è stata un enorme passo avanti perché ha tracciato i princìpi, dai quali non si torna indietro: che a educare si resta in due, che anche i nonni restano nonni e hanno i loro diritti (anche se oggi non coercibili), che la casa non va più automaticamente alla moglie... Ma si deve migliorare.Per l’80% dei casi il minore è ancora collocato alla madre, anche se formalmente si tratta di affido condiviso.E la nostra battaglia continua.
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