venerdì 8 maggio 2015
​Fieg e Fisc in audizione chiedono all'Agcom di intervenire: il postino a giorni alterni è una palese violazione del diritto all'informazione. Ascoltata anche la delegazione di Avvenire.
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Anche la Fieg boccia il piano strategico di Poste Italiane. Pollice verso, in particolare, sul dimezzamento del servizio di recapito della corrispondenza. Ieri, nel corso di un’audizione davanti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) gli editori hanno definito «inaccettabile» la proposta di consegnare la corrispondenza - e con essa i giornali agli abbonati - a giorni alterni in 5.296 comuni, ovverossia il 25% del territorio nazionale. Una rivoluzione motivata dall’amministratore delegato di Poste Italiane, Francesco Caio, con la necessità di ridurre i costi della società che in autunno dovrebbe affrontare la privatizzazione, con la cessione del 40% del capitale attualmente dello Stato. La Fieg ha risposto all’Agcom che il recapito a giorni alterni «rappresenta una palese violazione dei diritti di cittadinanza e del diritto all’informazione, negando l’accesso all’informazione quotidiana e penalizzando l’accesso all’informazione periodica ai cittadini di 5.296 (su 8.046) Comuni italiani». Un giudizio che fa riferimento al parere negativo già espresso della Commissione europea, la quale, individuando nel servizio universale un diritto dei cittadini europei e non un servizio economico, ha confermato l’obbligo di rispettare la consegna della posta nei cinque giorni lavorativi della settimana, con limitatissime possibilità di deroga.Ora la Fieg insiste. E punta anche su un altro aspetto, lo stesso sottolineato nei giorni precedenti dalle delegazioni di Avvenire e della Fisc, la federazione dei settimanali diocesani: «La proposta di Poste – ha dichiarato Maurizio Costa, presidente della Federazione degli editori – è ancora più grave se si considera che in molti degli oltre 5mila comuni interessati il recapito postale costituisce l’unico mezzo di accesso alla stampa e negare ad un quarto dei cittadini italiani la possibilità di ricevere ogni giorno il proprio quotidiano e con tempestività il proprio periodico costituisce, oltre che un pesante e irreparabile danno per le imprese editrici, una lesione grave di un principio costituzionalmente garantito quale quello del diritto all’informazione». Concetti centrali anche nell’audizione individuale concessa alla delegazione della Nuova editoriale italiana - Avvenire, guidata dal direttore generale Paolo Nusiner, che si è tenuta davanti all’Agcom il 29 aprile, e in quella del 7 maggio, quando il presidente della Fisc Francesco Zanotti e la vice Chiara Genisio hanno spiegato che «è illusorio pensare che tutti gli italiani transitino al digitale solo perchè lo si vuole: in alcune zone del Paese, proprio quelle dove si vorrebbe diradare la consegna postale dei giornali, non arriva neanche il segnale per la trasmissione dei dati». Nel corso dell’audizione è emerso che l’istruttoria che ha preceduto le audizioni non aveva tenuto nel dovuto conto il servizio espletato dai settimanali diocesani e i funzionari dell’Autorità hanno chiesto alla Fisc una memoria aggiuntiva che sarà consegnata nei prossimi giorni e che andrà a rafforzare il dossier delle ragioni per cui il piano Caio va rivisto profondamente. Ad oggi, i soli settimanali diocesani veicolano attraverso Poste Italiane da 400 a 600mila copie, che "viaggiano" nel canale dei quotidiani e sarebbero quindi soggette agli stessi tagli. «Noi serviamo molti territori con meno di 30mila abitanti e con una densità inferiore ai 200 per chilometro quadrato, quelli minacciati dalla revisione del servizio universale» ha confermato Zanotti.Preoccupazioni condivise dalla Fieg che si appella all’Agcom affinchè non autorizzi l’attuazione del modello proposto «che costituisce una palese violazione della direttiva europea sul mercato dei servizi postali che prescrive la distribuzione a domicilio della posta, e quindi dei giornali agli abbonati, almeno cinque giorni lavorativi a settimana» come sottolinea una nota diffusa a fine audizione. «In tale contesto è pretestuoso considerare la scelta di un quarto dei cittadini di vivere nei 5.296 comuni individuati da Poste una "circostanza o condizione geografica eccezionale", tale da consentire di derogare al principio garantito dalla direttiva europea» sottolineano gli editori, riferendosi a una delle motivazioni indicate da Poste Italiane per ottenere il via libera al piano di riorganizzazione del servizio.
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