sabato 22 novembre 2014
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“Il mercato è caratterizzato da una progressiva centralità della robotizzazione che sta sostituendo la persona, soprattutto nella fascia intermedia che svolge lavori che anche le moderne tecnologie possono assolvere. Si deve tornare all’uomo, lavorando per competenze e problem solving, in modo da restituire la dignità del lavoro ed evitare questa mutazione. Per fare questo, occorre dismettere il pensiero negativo. Infatti, come ha sottolineato Papa Francesco, bisogna 'contemplare la storia' e rendersi conto che oggi l’uomo ha mezzi migliori, rispetto al passato”. È il pensiero di Leonardo Becchetti, docente dell’Università di Tor Vergata, intervenuto oggi a Verona nell’ambito del IV Festival della Dottrina Sociale della Chiesa durante la tavola rotonda “La sfida imprenditoriale e il patto sulle persone”. “Non si va da nessuna parte con la cultura della negatività – gli ha fatto eco il presidente dell’Ucid (Unione cristiana imprenditori e dirigenti), Giancarlo Abete -. Con questo atteggiamento non siamo in grado di cambiare le cose e di creare le giuste condizioni per ripartire, dando nuova spinta al mondo del lavoro e restituendo la centralità della persona”. “C’è una tendenza sempre più forte ad assuefarsi ad una mentalità pessimistica che rende le persone stesse incapaci di reagire in modo costruttivo dinanzi alla crisi”, ha concluso Abete. Per Isabella Covilli Faggioli, presidente dell’Associazione italiana per la direzione del personale, “gli italiani stanno meglio di quella che è la loro percezione, pur nella evidenza di una situazione difficile”. “Più l’azienda investe sull’attenzione al lavoratore e più i risultati che ottiene sono positivi: è provato da numerose ricerche - ha concluso Covilli Faggioli -. Per questo occorre cambiare la cultura del mondo del lavoro partendo da chi si occupa di risorse umane che prima di tutto deve considerare preminente il valore di ogni singola persona.
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