giovedì 20 ottobre 2016
​I medici dell'ospedale Cannizzaro erano stati accusati di non essere intervenuti in modo adeguato per questione di coscienza, ma la realtà appare diversa. La donna aveva 32 anni. Aperta un'indagine, che coinvolge 12 medici.
Muore di parto con i gemellini a Catania ma l'obiezione di coscienza non c'entra
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Dodici medici del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Cannizzaro di Catania indagati. E una versione della storia molto diversa da quella battuta nella tarda serata di mercoledì dalle agenzie di stampa e cavalcata ieri da larga parte dei media. Gli interrogativi sulla tragica morte della 32enne Valentina Milluzzo, avvenuta nel primo pomeriggio di domenica scorsa, e dei due gemelli che portava in grembo, ha avuto le sue prime risposte. Prima fra tutte, la decisione della Procura del capoluogo etneo di iscrivere nel registro degli indagati tutti i medici dell’ospedale. Fuori, solo il primario del reparto, Paolo Scollo, ed uno dei suoi assistenti, Emilio Lomeo, assenti dal nosocomio quando si è consumato il tragico episodio. Omicidio colposo plurimo il reato ipotizzato dagli inquirenti che, comunque, hanno tenuto a precisare come si tratti di un atto dovuto, legato alla denuncia presentata dai familiari delle vittime. I quali hanno sostenuto – e continuano a farlo – che il medico intervenuto si sarebbe dichiarato obiettore di coscienza e, quindi, non avrebbe proceduto con l’aborto. L’ipotesi è stata smentita con particolare vigore dal direttore generale dell’ospedale Cannizzaro, Angelo Pellicanò. «Non c’è stata alcuna obiezione di coscienza da parte del medico – ha osservato – perché non c’era un’interruzione volontaria di gravidanza, ma obbligatoria e chiaramente dettata dalla gravità della situazione. Escludo che un medico possa aver detto quello che sostengono i familiari della povera ragazza morta, che non voleva operare perché obiettore di coscienza. Purtroppo nel caso di Valentina è intervenuto uno choc settico e, quindi, nello spazio di 12 ore la situazione è precipitata». Secondo una prima ricostruzione, il primo dei due gemellini sarebbe morto alle 23.30 circa di sabato scorso e un paio di ore dopo sarebbe stata la volta del secondo; ma, in questo caso, si sarebbe trattato di un aborto indotto dal medico intervenuto. I familiari, attraverso l’avvocato Salvatore Catania Milluzzo, sostengono invece di avere invitato il medico a praticare l’interruzione di gravidanza prima che i due gemellini morissero e di avere ricevuto un diniego, in quanto il professionista si sarebbe dichiarato obiettore di coscienza. Elemento, questo, che non risulta affatto dalla cartella clinica. Valentina Milluzzo, accompagnata dal marito Francesco Castro, era giunta all’ospedale Cannizzaro (dove poi è rimasta ricoverata per 17 giorni) a seguito di complicazioni manifestatesi alla 19esima settimana di una gravidanza indotta attraverso il metodo della procreazione assistita, praticato in un’altra struttura sanitaria. «La paziente – ha spiegato Paolo Scollo, primario del reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale – ha partorito il primo feto spontaneamente, in quanto ricoverata proprio per una minaccia di parto abortivo tardivo. Per il secondo feto non è stata fatta un’isterectomia (incisione nella parete dell’utero, ndr) perché frattanto era insorta una grave patologia emorragica, la coagulazione intravasale disseminata; sottoporla ad intervento chirurgico, in quelle condizioni, sarebbe significato farla morire in sala operatoria». Alla paziente, alla fine, è stata somministrata ossitocina: un procedimento, assicurano i vertici del Cannizzaro, in assoluto contrasto con l’ipotesi di un tentativo di evitare l’aborto. «Il dato clinico – ha commentato a questo proposito il primario Scollo – dimostra che è stato raccontato l’esatto contrario di quanto accaduto. I dodici medici in servizio nel nostro reparto sono tutti obiettori, ma questo con evidenza non ha alcuna rilevanza né col caso né col servizio reso a chi vuole fare ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, un servizio che è comunque sempre assicurato». L’unico dato certo è che la donna è morta e la sua salma, già collocata nell’abitazione di via Vittorio Emanuele a Palagonia, centro del Catanese in cui viveva e lavorava come promotrice finanziaria, è stata sequestrata dai carabinieri su disposizione dell’autorità giudiziaria e i funerali, già previsti per martedì prossimo, sono stati rinviati, in attesa che venga eseguita l’autopsia. Il tutto mentre il ministero della Salute ha inviato sul luogo i propri ispettori. La vicenda, per come è stata immediatamente criminalizzata la figura di un medico obiettore di coscienza, ha sollevato l’indignazione del Movimento per la vita locale: «Inveire contro chi obietta è da crudeli, ma non ci stupisce – ha commentato il consigliere nazionale Rosa Rao Cassarà –. C’è da aspettarselo, purtroppo, perché i medici obiettori sono sempre nel mirino, ma non si tiene conto che si tratta di professionisti ancora più elevati, perché come in questo caso spesso non possono “sposare” la causa dell’obiezione».
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