venerdì 1 febbraio 2013
​Il Capo del Dipartimento Politiche Antidroga dela Presidenza del Consiglio richiama a «prudenza e precisione nel riportare notizie relative ad effetti “curativi” di qualsiasi farmaco», lamentando come «sempre più spesso fonti informative non accreditate presentano le supposte e numerose, proprietà terapeutiche della cannabis e dei farmaci a base di THC​».
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Presidenza del Consiglio dei ministri
Ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione
Dipartimento politiche antidroga
Caro Direttore,   abbiamo molto apprezzato l’articolo uscito oggi sul suo quotidiano dal titolo “Cannabis terapeutica la Puglia apre il “club” a firma della giornalista Francesca Lozito. Il DPA sta ricevendo numerose domande provenienti dai media e dagli operatori del settore sanitario sull’argomento e per questo attraverso le pagine del suo giornale vorremmo fare chiarezza. Ci preme sottolineare che le aspettative che potrebbero ingenerarsi nei pazienti affetti da sclerosi multipla sui presunti effetti terapeutici (intesi come rallentamento dell’evoluzione o guarigione della sclerosi multipla) sulla base dei quali sarebbe nato questo social club, si scontrano purtroppo con le evidenze scientifiche. Bisogna quindi chiarire molto bene a tutti gli interessati che ad oggi quello che risulta sui farmaci a base di THC (uno dei principi attivi della cannabis)  è solo un effetto sintomatico sugli spasmi e sui dolori muscolari e non quindi curativo della malattia. Effetto peraltro seguito da numerosi effetti collaterali in area psichica. Oltre a questo, quello che non può essere accettato dalla medicina moderna è che si possa pensare che ogni malato (al di là degli aspetti legali che potrebbero essere anche tecnicamente risolvibili) possa prodursi il proprio “farmaco” a domicilio, senza alcun controllo sul tipo di pianta coltivata e la percentuale di principio attivo, la qualità dei prodotti destinati ad uso umano e medico in particolare, la quantità di  autosomministrazione che verrebbe decisa esclusivamente dal paziente e il controllo medico degli effetti collaterali che risultano essere particolarmente pesanti soprattutto sugli aspetti psichici. Il tutto per un “farmaco” che da dipendenza. Oltre a questo restano aperti tutti i problemi legati alla produzione e al possibile commercio che se ne potrebbe fare di queste piante stupefacenti. Ritornando alle evidenze scientifiche secondo un recente studio longitudinale condotto su ben 500 pazienti dalla Peninsula Medical School di Plymouth in Gran Bretagna presentato nei mesi scorsi a Brighton, purtroppo “la cannabis non sarebbe efficace nel bloccare la progressione della sclerosi multipla”. Dallo studio non emergerebbe alcuna prova a sostegno della tesi che la cannabis agisca nel bloccare la progressione della malattia, a quanto pare il THC ridurrebbe il dolore e gli spasmi muscolari, ma non guarisce dalla sclerosi, (Cannabinoid Use In Progressive Inflammatory Brain Disease, Peninsula College dell’Università di Plymouth,   May  2012). Lo studio ha coinvolto un ampio numero di pazienti britannici malati di sclerosi multipla ai quali sono state somministrate capsule contenti THC per un periodo pari a 3 anni. I risultati hanno mostrato che, i pazienti che avevano assunto le pillole con THC, non riportavano risultati migliori nella cura (intesa come rallentamento dell’evoluzione) della sclerosi multipla rispetto ai pazienti che avevano assunto pillole placebo. Si tratta, purtroppo, quindi di un risultato deludente per coloro che credono nella cannabis come metodo curativo contro la malattia della sclerosi multipla, soprattutto quando essa giunge ad uno stadio avanzato e non restano molte opzioni di cura disponibili. Lo studio infatti voleva verificare se oltre che bloccarne i sintomi, il THC fosse utile per guarire dalla sclerosi, ma secondo i pazienti (che lo hanno dichiarato apertamente) e i ricercatori così non e' stato. Questo Dipartimento vuole ricordare che è necessaria quindi molta prudenza e precisione nel riportare notizie relative ad effetti “curativi” di qualsiasi farmaco non solo per quelli a base di THC e che  sempre più spesso fonti informative non accreditate da un punto di vista scientifico presentano le supposte e numerose, proprietà terapeutiche della cannabis e dei farmaci a base di THC. Alcune organizzazioni orientate alla legalizzazione utilizzano a volte impropriamente articoli scientifici riportanti risultati positivi di trials clinici su tali farmaci per far percepire e promuovere il concetto dell’innocuità dell’uso della cannabis e dei suoi poteri medicamentosi per curare (in realtà produrre effetti sintomatici e non eziologici) patologie molto gravi. Pur essendo concordi ad approfondire questi aspetti terapeutici con studi scientifici e ricerche controllate, la coltivazione domestica della cannabis e il suo uso in autosomministrazione per varie malattie non  può essere accettata. Ne è accettabile che essa, in virtù di questi effetti sintomatici sugli effetti di alcune patologie, possa essere dipinta come una sostanza “positiva, utile e salutare” anche per l’uso voluttuario e ricreativo, dimenticando i danni che produce nell'organismo umano ed in particolare sul cervello degli adolescenti. Niente in contrario a sperimentare e studiare quindi le potenzialità mediche del THC, ma solo attraverso le tradizionali e severe metodologie della ricerca che niente hanno a che fare con dispensari di illusioni. Con stima F.to Giovanni Serpelloni Capo del Dipartimento Politiche Antidroga
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