mercoledì 10 ottobre 2012
Il caso appalti si allarga. E l’Onu bacchetta l’Italia. L’Alto commissario per i diritti dei migranti ha visitato numerose strutture in giro per l’Italia Pur riconoscendo il grande impegno della Guardia Costiera per salvaguardare la vita degli stranieri punta il dito verso i centri: sembrano luoghi di detenzione.
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​Non sono ancora conclusi gli accertamenti disposti dalle prefetture di Modena e Bologna sugli appalti per la gestione dei Centri di identificazione ed espulsione delle due città. Intanto a Trapani gli investigatori stanno acquisendo informazioni alla ricerca di eventuali irregolarità.La verifica dei requisiti tecnici e legali del consorzio siciliano l’Oasi sono in corso. Di pari passo procede l’inchiesta della procura di Modena che sta radiografando l’iter delle gare pubbliche e i precedenti penali di alcune delle persone che a vario titolo ricoprono incarichi dirigenziali. Nulla trapela, invece, dalla prefettura trapanese, unico ente ad avere convalidato l’appalto e che fino alla scorsa settimana nulla sapeva, hanno spiegato fonti prefettizie, dei controversi avvicendamenti alla direzione del consorzio. In Emilia, a quanto risulta, l’Oasi aveva ricevuto incarichi preliminari, ma gli enti territoriali non avevano ancora firmato alcuna convenzione proprio in attesa di chiarimenti.Il nuovo presidente della cooperativa, l’avvocato Siracusano Emanuele Midolo, risulta infatti condannato a quattro mesi per falso in atto pubblico. Un episodio che il legale minimizza e che, a suo dire, in alcun modo può compromettere la validità dei contratti stipulati con le prefetture.Su un altro centro d’accoglienza si sono concentrate nei mesi scorsi, dopo una inchiesta di “Avvenire”, le attenzioni dei magistrati. Si tratta del Cara di Mineo, il villaggio per richiedenti asilo che in mezzo alla campagna dell’entroterra siciliano ospita oltre duemila persone di oltre 50 nazionalità. Sulla strutture erano stati sollevati interrogativi a proposito di un anomalo numero di interruzioni volontarie di gravidanza forse collegate, sostengono alcuni operatori del volontariato, ad un giro di prostituzione interno alla struttura.«Il Cara di Mineo – ha sostenuto il sottosegretario all’Interno, con delega all’Immigrazione, Saverio Ruperto – funziona perfettamente, e sta svolgendo la sua opera. Come è noto non è una competenza diretta del ministero dell’Interno, ma è il centro più grande d’Europa per i richiedenti asilo e funziona come deve».Parole che contrastano con quanto sostenuto dall’Alto commissariato Onu per i Diritti Umani. François Crépeau, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti, ha visitato il Cie di Roma-Ponte Galeria, e poi le strutture di Firenze, Palermo, Trapani- Milo, Bari-Palese e Castel Volturno. Pur tra molte perplessità, Crépeau nella sua relazione preliminare, si è detto «colpito dall’impegno della Guardia Costiera italiana e della Guarda di Finanza per salvare vite umane in mare, attraverso operazioni di ricerca e soccorso. Sono lieto di apprendere che la sicurezza di questi migranti in viaggio verso l’Italia rimane la loro priorità». Per l’incaricato Onu occorre rivedere gli accordi bilaterali come quello con la Libia. Un modello di partnership tra Paesi che rischia di «esternalizzare il controllo delle frontiere Ue», tanto più che sono note «le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti sul suolo libico». Semmai «la cooperazione con Tripoli non dovrebbe mai portare alcun migrante ad essere ricondotto sulle coste libiche contro la sua volontà».Altro nodo, la possibilità di trattenere gli immigrati dei Cie fino a 18 mesi. «Qualunque sia la terminologia usata dalle autorità italiane – osserva Crepeau –tali centri sono strutture chiuse che dovrebbero pertanto essere considerati come centri di detenzione, così come indicato dal diritto internazionale».
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