lunedì 3 novembre 2014
Il procuratore capo di Roma assicura alla sorella di Stefano: rileggerò tutte le carte. L'appello di Grasso: chi sa parli.
La protesta sui social: #sonoStatoio
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​​La Procura di Roma interviene sul caso Cucchi. Quella Procura che Ilaria, sorella di Stefano, fino all'ultimo, ha messo sotto accusa per indagini da lei giudicate poco incisive, lacunose, mancanti. Soprattutto su quel pestaggio che ancora non porta una firma ma che, e questo lo hanno riconosciuto giudici e periti, è stata la causa principale della morte del geometra romano arrestato la notte del 15 ottobre 2009 dai carabinieri perché trovato in possesso di droga e morto una settimana dopo all'ospedale Sandro Pertini. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone dice poche parole ma pesantissime. E si dichiara disponibile, in presenza di elementi nuovi e di opportunità, a aprire nuove indagini sulla morte di una persona, lo sottolinea lo stesso capo dell'ufficio di Roma, "che era affidata a organi dello stato". Ilaria Cucchi incassa la disponibilità della Procura con soddisfazione e dopo un incontro pomeridiano con il procuratore capo scrive su Facebook: "Prendiamo atto di questa importante decisione del Procuratore capo e rimaniamo in attesa di giustizia e verità come abbiamo sempre fatto in questi cinque anni". Giudizio che i familiari cambieranno presto. Dopo i Cucchi, Pignatone incontra i pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, titolari dell’inchiesta. Per dire che i pm «godono della mia fiducia: hanno fatto un lavoro egregio».Per i familiari - da tempo critici sulla conduzione dell’inchiesta - è una doccia fredda: «Il dottor Pignatone ci ha garantito che avrebbe studiato tutto il fascicolo senza pregiudizi: Non sono passate nemmeno due ore e ha già capito che i pm hanno fatto un ottimo lavoro. I casi sono due: o è riuscito in nemmeno due ore a studiare alla perfezione tutto il fascicolo, oppure forse oggi abbiamo perso tutti del tempo».Le parole di Pignatone"È giusto e corretto - afferma il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri - chiedere la riapertura della indagini. La verità va ricercata sempre e fino alla fine".  "Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato", aveva detto in precedenza Pignatone. Perché Stefano Cucchi fu arrestato dai carabinieri e rimase nella loro custodia in caserma per una notte, poi il giorno dopo all'udienza di convalida in Tribunale comparì davanti ad un giudice, fu preso poi in consegna dagli agenti della polizia penitenziaria, portato in carcere a Regina Coeli e poi nella struttura protetta del Sandro Pertini affidato, qui, a medici e infermieri. Strutture e organi dello Stato, come sottolinea Pignatone, che dovevano sorvegliare e curare un detenuto in condizioni di salute particolari. Pignatone, pur sottolineando che le "sentenze meritano tutte rispetto", evidenzia come i verdetti di primo e secondo grado siano contrastanti "e in tutto o in parte condivisibili". Verdetti contrastanti perché in primo grado furono condannati i sei medici ma furono assolti infermieri e agenti penitenziari. La Corte d'Appello venerdì ha ribaltato tutto per assenza di prove. Ed è l'assenza di prove l'accusa che Pignatone respinge. La Procura non ci sta alla teoria delle indagini lacunose ma non chiude neanche ad una possibilità di proseguire il lavoro nell'accertamento dei fatti. "Se emergeranno fatti nuovi o comunque l'opportunità di nuovi accertamenti, la Procura di Roma è sempre disponibile a riaprire le indagini", afferma il procuratore.    Dunque per aprire un nuovo fascicolo ci si dovrebbe trovare in presenza di "fatti nuovi". Ma Pignatone parla anche di "opportunità di accertamenti", opportunità che potrebbero emergere ovvero dalla lettura delle motivazioni della sentenza: la Procura le potrebbe ritenere insoddisfacenti per giustificare l'assoluzione. Perché se una morte c'è stata, ed è stata una morte inaccettabile la Procura potrebbe non ritenere giustificabile un'assoluzione di ben 12 imputati, esponenti a vario titolo di organi e strutture dello Stato che presero in custodia e in cura Stefano Cucchi. Morto non per cause naturali. L'appello di Grasso. "Vorrei fare un appello. Ci sono dei rappresentanti delle Istituzioni che sono certamente coinvolti in questo caso. Quindi, chi sa parli. Che si abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, perché lo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo" lo ha detto a Bari il presidente del Senato, Piero Grasso, parlando del caso Cucchi. "Intanto - ha aggiunto Grasso - è doverosa e giusta la solidarietà alla famiglia della vittima di violenza. Devo dire che la violenza non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni". "Noi speriamo di continuare a cercare la verità - ha concluso - nonostante ci siano state delle sentenze che non hanno saputo o potuto trovarla. Pensiamo che bisogna continuare su questa strada dando la massima solidarietà ai famigliari delle vittime".
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