martedì 31 marzo 2015
La Corte costituzionale ha respinto il ricorso di una società. È possibile porre limiti per “garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato” e “padroneggiare i rischi connessi a questo settore”. (Antonio M. Mira)
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Sono “legittime restrizioni all’attività di organizzazione e gestione dei giochi pubblici affidati in concessione” per “garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato” e “padroneggiare i rischi connessi a questo settore”. I motivi sono “contrasto alla diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia; tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e dei consumatori, specie minori d’età; lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore”. Lo afferma la Corte costituzionale nella sentenza numero 56, pubblicata oggi, che dichiarando “infondata” la questione di legittimità costituzionale promossa dal Consiglio di Stato, respinge così il ricorso della società B Plus Giocolegale contro alcune norme contenute nella legge n.220 del 13 dicembre 2010 (Legge di stabilità 2011). Le norme che il concessionario contestava introducevano, si legge nella sentenza della Consulta, “requisiti in tema di forma giuridica dell’impresa, sede legale, residenza delle infrastrutture, capacità tecnico-infrastrutturale, solidità patrimoniale e finanziaria, nonché garanzie e misure atte a prevenire conflitti di interessi o a garantire l’onorabilità e professionalità degli amministratori” e imponevano “obblighi di periodica comunicazione all’Aams di informazioni e dati contabili, di immediata e integrale ricostruzione del capitale sociale” e altre misure di tipo economico-finanziario. Ma soprattutto imponevano l’”adozione di strumenti per escludere i minori dall’accesso al gioco, promozione di comportamenti responsabili di gioco”. Obblighi che il vecchio concessionario ha contestato ritenendosi danneggiato, in quanto peggiorativi, a suo dire, degli accordi preesistenti. E questo appellandosi agli articoli 3, 41 e 42 della Costituzione. Contestazioni infondate, secondo la Consulta, in quanto “le norme denunciate sono dichiaratamente rivolte a contemperare gli interessi privati dei concessionari con i prevalenti interessi pubblici coinvolti del settore dei giochi e delle scommesse e a migliorarne la tutela, senza che sia dato rinvenire elementi di arbitrarietà nella loro individuazione”. Anzi, sottolineano i giudici costituzionali, “costituiscono una misura minima di ripristino della par condicio dei gestori, del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario “preesistente” che, avendo aderito alla fase di sperimentazione a avvio a regime di sistemi di gioco costituiti dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, non ha dovuto sottoporsi alla gara per il nuovo affidamento”. Affermazioni molto importanti, soprattutto in vista della prossima e tanto attesa e necessaria riforma del settore. E che, oltretutto, respinge le contestazioni di uno dei concessionario che ha abbondantemente goduto di sconti e sanatorie per la nota vicenda dei videoterminali “staccati” del sistema, sanzionata dalla Corte dei conti.
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