martedì 1 gennaio 2013
Si puntano 24 miliardi all’anno in scommesse e solo 3,7 in previdenza. L’ex sottosegretario del Welfare e docente all’Università di Milano ha messo a confronto le somme accantonate per garantirsi una vecchiaia più tranquilla (1,8 euro al giorno) e quelle bruciate in videopoker, slot e lotterie (3,5). Il bilancio è quello di un Paese che sembra preferire la sorte alla costruzione di un futuro solido. (di Massimo Calvi)
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Gli italiani iscritti a un fondo pensione complementare sono 5,5 milioni, i giocatori d’azzardo 15 milioni, quasi il triplo. Le risorse investite ogni anno in pensioni integrative ammontano a 3,7 miliardi, la spesa in giochi e scommesse a 24 miliardi. Questo vuol dire che ogni italiano investe 664 euro l’anno nella previdenza integrativa e ben 1.260 euro in Gratta e vinci, slot, video poker e lotterie varie. Tradotto nel quotidiano: 1,8 euro al giorno per assicurarsi un futuro previdenziale, 3,5 euro al giorno – il doppio – per bruciare il presente. E non solo.Queste poche cifre, accostate, restituiscono l’immagine desolante di un Paese che, se da un lato sta pagando a caro prezzo il conto della crisi economica, costretto a fare i conti con un welfare sempre più in difficoltà, dall’altro continua a comportarsi, anche individualmente, con irresponsabile superficialità. E colpisce, in una fase in cui le riforme della previdenza hanno profondamente cambiato le carte in tavola, azzerando il patrimonio di privilegi e "diritti acquisiti" delle generazioni precedenti, leggere una tabella nella quale emerge che il patrimonio accumulato dai fondi pensione è di quasi 90 miliardi, quello dell’azzardo di 400 miliardi, e che le gestioni previdenziali integrative rappresentino meno del 6% del Pil nazionale contro il 27% dei giochi. Insomma, un popolo che sembra preferire la sorte alla costruzione di un futuro più solido.L’idea di affiancare le cifre delle pensioni private con quelle del gioco d’azzardo legale è di Alberto Brambilla, ex sottosegretario al ministero del Welfare con delega alla previdenza e docente all’Università Cattolica di Milano. Un accostamento efficace, perché lega due "attività" agli antipodi in una scala di valori declinati in termini di responsabilità.«Spesso si dice che mancano le risorse per il welfare o per i fondi pensione – spiega Brambilla –. Ma se guardiamo queste cifre possiamo capire che in realtà vi è uno spreco enorme. E, soprattutto, una bassa consapevolezza dovuta a scarsa informazione. Penso a quei tanti anziani con pensioni minime, integrate con risorse pubbliche, che gettano via i soldi in Gratta e vinci o slot-machine: lo Stato dovrebbe preoccuparsi di far giocare meno, anche a costo di contenere gli incassi dai giochi. E penso ai giovani, che dovrebbero essere informati molto meglio di quello che li aspetta a livello previdenziale».Le riforme pensionistiche degli ultimi anni hanno messo in sicurezza i conti, ma anche annullato molti "privilegi" storici. «Si dovrebbe ricordare più spesso che per tutti i giovani che hanno iniziato a lavorare dal 1 gennaio 1996 non ci saranno più né l’integrazione al minimo e nemmeno le maggiorazioni sociali delle pensioni – sottolinea Brambilla –. Per capire di cosa stiamo parlando teniamo presente che oggi lo Stato integra quasi 7 milioni di pensioni, il 30% di quelle in pagamento, di fatto tutte quelle sotto i mille euro mensili, tolti gli assegni di reversibilità. Bene, questa integrazione domani non ci sarà più. Dunque se i giovani non avranno versato a sufficienza, dovranno lavorare anche da vecchi». A maggior ragione se contratti di lavoro precari avranno comportato un livello basso di contributi versati.Per queste ragioni il tema della previdenza complementare è decisivo, soprattutto se si tiene conto che l’Italia è agli ultimi posti della classifica Ocse nel rapporto tra patrimonio investito in fondi pensione e Pil, con il 4,6% contro una media del 33,2% (l’Olanda è al 135%, la Gran Bretagna all’87%; la Germania al 5,2% e la Francia allo 0,2%, ma in questi Paesi c’è una forte presenza di fondi pensione aziendali). Il problema è che finché lo Stato era capace di generosità pensionistica, questo poteva anche non essere un limite, ma oggi il problema si pone in modo serio. «La crisi finanziaria, il debito e l’invecchiamento della popolazione stanno trasformando radicalmente il nostro modello di welfare – spiega ancora Brambilla –. Tenere sotto controllo la propria posizione previdenziale e sanitaria diventa sempre più importante». E sapere che oggi spendiamo in giochi il doppio di quello che investiamo in pensioni integrative può essere d’aiuto. A capire che la pensione non è una scommessa.
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