lunedì 25 novembre 2013
L'allarme: intere vie delle Capitale trasformate in piccole Las Vegas: 300 le sale e 50mila le slot. E a causa dei giochi sottratte al lavoro sessantanove milioni di giornate.
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C’è una domanda di ricostruzione da scrivere. È quella che chiede di rimettere in ordine i tasselli della quotidianità degli italiani che, stretti tra crisi economica e deficit di speranza,  sono vittime della manipolazione emotiva del vincere e vivere facile. Il gioco d’azzardo, in fondo, non fa altro che alimentare illusioni e seminare incertezze. Ma per rimettere ordine, e riappropriarsi del proprio tempo, bisogna ripartire dalla relazioni familiari e dalla solidarietà nella società. Solo su questi binari, il gioco tornerà ad avere il suo significato originario e in fondo innocente. Il gioco d’azzardo, infatti, è il colpo di grazia per tante famiglie che vivono la crisi e si alimenta proprio sulla povertà, creando indebitamento e facendo finire alle volte in mano agli usurai. Nell’ultimo anno in Italia i consumi per i giochi (slot, vlt, gratta e vinci, lotto e scommesse) sono arrivati a toccare 90 miliardi di euro. Ma al di là del peso economico, è il tempo "investito" a rincorrere la fortuna che fa girar la testa: 488 milioni di ore. L’azzardo così s’introduce nella vita delle persone, ricorda monsignor Filippo Iannone, vice gerente della diocesi capitolina, «minando la sopravvivenza della famiglia e la serenità delle nuove generazioni». Aprendo la giornata d’approfondimento sul gioco patologico organizzata da Caritas Roma, Fondazione antiusura Salus Populi Romani e Azione Cattolica della Capitale, l’arcivescovo ha chiesto di essere «cassa di risonanza» della gravità del fenomeno e, «come cristiani, di fare sempre di più» per combatterlo. Noi credenti «dobbiamo essere più scaltri dei figli delle tenebre», aggiunge il direttore Caritas Roma monsignor Enrico Feroci citando le parole di Gesù nel Vangelo, per evitare che «si facciano soldi sulla povera gente, per noi un dolore enorme». Il tempo quotidiano spesso viene riorganizzato in funzione del gioco col denaro, così come le abitudini, le relazioni, ma anche i luoghi della città e internet mutano per consentire la sua intrusione nella vita delle persone. In venti anni si è passati da «uno Stato che limitava il gioco a pochi spazi e specifici giorni», lasciando ai cittadini 280 giorni liberi – è l’analisi del sociologo Maurizio Fiasco – ad uno che non ne lascia «neppure uno a gioco zero. L’azzardo impegna ogni anno oltre 69 milioni di giornate lavorative degli italiani». È insomma una «pianta ben annaffiata e concimata dallo Stato» ribadisce il responsabile dell’Azione Cattolica Roma, Benedetto Coccia, e come si affronta il fenomeno inciderà «sull’approccio alla vita e sulla cultura della società».  Anche Roma non fa eccezione, con intere vie trasformate in piccole Las Vegas: qui ci sono 50mila slot machine e il numero delle sale gioco è arrivato a quota 300. Inoltre nella regione al terzo posto per spesa pro-capite da gioco, secondo i dati Legaconsumatori Lazio, si assiste a un preoccupante aumento degli scommettitori (soprattutto online) tra gli 8 e gli 11 anni. «Bisogna puntare alla prevenzione, a immunizzare le famiglie da questa malattia – è il grido d’allarme lanciato da monsignor Carmine Recchia della Fondazione Salus Populi Romani – ripartendo dai bambini che devono essere la mentalità sana della prossima generazione». Ai più piccoli, infatti, occorre insegnare l’uso appropriato del denaro e l’esempio dei genitori è fondamentale. Magari, ipotizza Luca Pasquale del Centro diocesano per la pastorale familiare, «spiegando loro che si sceglie quel bar perché ha deciso di togliere le slot» oppure coinvolgendo i ragazzi nelle conversazioni in casa, «per aiutarli a capire che il denaro arriva dal lavoro e dalla fatica».
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