mercoledì 12 novembre 2014
​​La scuola si interroga sulla presunta omofobia. Il preside: nessun provvedimento disciplinare alla professoressa Caramico.
LA LETTER@ «Noi prof e un clima che ci intimorisce»
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La solidarietà cresce. In silenzio, tra i distinguo, ma cresce. L’Itis Pininfarina di Moncalieri è come una piccola città. E in una città par di entrare, salendo le scale della scuola tutta vetri e metallo arrugginito, visto che ogni mattina a varcare le porte ci sono quasi 1.500 studenti e 160 insegnanti. Sotto la pioggia battente si discute animatamente del grottesco derby: «Io dico che la prof non ha fatto niente. Dietro c’è un complotto gay». «No, è lei che è una bigotta, il Papa non la pensa così». E palla al centro della mischia ideologica. Una prof passa vicino e scuote la testa: «Questa storia dell’insegnante omofoba ci ha scocciato davvero».  Omofobia, il tema è di quelli che scottano. Pensare che la discussione finita su tutti i giornali a sapienti stralci, quella tra la docente di religione Adele Caramico, trent’anni di insegnamento alle spalle, e il sedicenne gay che sarebbe stato additato come 'malato', la mattina del 31 ottobre era cominciata così: «Prof, lei cosa ne pensa degli omosessuali? Sono normali?». Uno dei dieci allievi che frequentano l’ora nella terza di turno ha voglia di bravate. Nell’angolo però c’è Gabriele (lo chiameremo così, nel rispetto della sua minore età), che omosessuale è e si dichiara apertamente, così il dibattito ha inizio. Non con il compagno che ha usato l’espressione di cattivo gusto però: no, Gabriele vuole parlare con la prof. Vuole sentirsi dire da lei, che insegna religione cattolica, 'cosa sono' gli omosessuali e perché 'non vanno bene'. La risposta (ricostruita su Avvenire nei giorni scorsi dalla stessa professoressa Caramico) nello spazio di un’ora di tempo campeggia sulla scrivania dell’Arcigay di Torino, da cui parte una piccatissima telefonata verso il preside della scuola: «A un ragazzo è stato detto che i gay sono malati». Gravissimo e inaccettabile. Quasi come il fatto che nessuno si sia preoccupato, prima, di accertare che quello che era stato raccontato fosse vero. Gabriele d’altronde si prende la briga di spiegarlo anche su Facebook, nel gruppo che dovrebbe essere riservato ai ragazzi che frequentano il Pininfarina: «L’unico scopo dei prof di religione è spargere disinformazione». E via con la storia (senza capo né coda) degli animali «che sono gay», di quella prof crudele che «non si rendeva conto di parlare con un adolescente che tecnicamente poteva non accettarsi». Ma al gruppo questo non importa, «ora che quella sogliola della tua prof si è espressa, passerei il pallone al gruppo scuole di Arcigay Torino» gli suggerisce qualcuno di smaliziato. Il preside, Stefano Fava, tira dritto e comincia ad essere scocciato da tanta attenzione mediatica (peraltro giunta appena a quattro mesi dalla sospensione di un altro docente della scuola, militante attivista del movimento per i diritti dei gay, indagato per aver chiesto prestazioni sessuali a pagamento ai suoi studenti): «In questa scuola vige il principio della tolleranza assoluta e del rispetto di ogni persona e di ogni opinione. Io sono chiamato ad essere il giudice in questa vicenda, trarrò le mie conclusioni con lucidità e saranno note a tutti al più presto». Unica precisazione: «Non ho mai detto che l’insegnante in questione è omofoba». E comunque «a suo carico non è stata avviata nessuna procedura disciplinare, altrimenti la professoressa lo avrebbe saputo». Una piccola consolazione per la prof Caramico, che dal fango in cui è stata gettata con la sua famiglia cerca di ricostruire i pezzi: l’affetto dei suoi colleghi (che hanno appeso lettere di solidarietà in sala professori e stanno scrivendo una petizione in sua difesa), la stima degli studenti (che hanno lanciato una raccolta firme in suo sostegno), le telefonate e le lettere delle famiglie degli studenti dislessici (che da sempre segue nel percorso didattico a titolo volontario, e al Pininfarina sono ben 120). «È un momento terribile per lei – racconta l’unico collega disposto a dare nome e cognome, Michele Simone, docente di elettronica –. Quello che è accaduto è inverosimile. La sensazione è che ci siano due vittime di questo tritacarne ideologico». Chi viene distrutto e chi usato. Comunque vada a finire. 
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