venerdì 11 settembre 2015
L’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (Ebnt): «Le leggi non funzionano. Gli imprenditori di settore non denunciano, e il ministero del Turismo latita»
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Sarebbero 80mila i 'consumatori' italiani di turismo sessuale nel mondo. Una parola che offende, se si pensa che oggetto del loro 'consumo' sono bambini e bambine, comprati nella povertà dei paradisi esotici. Una parola che infatti nella definizione internazionale della lotta alla pedofilia è tradotta 'travelling offender', abusatore viaggiante. Ma quel che è peggio è che tutto avviene senza che i tour operator denuncino quanto accade né si espongano per prevenire il fenomeno. A descrivere la drammatica situazione è l’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (Ebnt), che ieri ad Expo ha presentato l’ottava edizione dell’Osservatorio sulla legge contro lo sfruttamento dei minori nel turismo (la numero 269 del 1998). «Gli imprenditori di settore non denunciano, e il ministero del Turismo ci rimbalza quando segnaliamo la necessità di agire per sensibilizzare e spingere alla denuncia», ha spiegato Alfredo Zini, presidente dell’ente. L’Italia, almeno sulla carta, è all’avanguardia quanto alle normative che contrastano lo sfruttamento dei minori da parte dei 'travelling offender', ma all’atto pratico queste non vengono rispettate. I dati raccolti dall’Osservatorio relativi al 2014, infatti, raccontano di un 'calo allarmante degli operatori che segnalano sul proprio sito e sui depliant informativi che la pedofilia è un reato anche in vacanza': non un optional, come si potrebbe pensare, ma un preciso impegno previsto dalla legge 269 e un espediente fondamentale per scoraggiare preventivamente gli abusi. I turisti sessuali che si mettono in viaggio già con lo scopo di abusare di minorenni stranieri, infatti, all’inizio si affidano alle classiche agenzie turistiche ma poi, una volta giunti sul luogo, sanno come arrivare ai bambini da sfruttare (secondo l’Onu 220 milioni nel mondo) e per questo si affidano a operatori locali, taxisti, camerieri... tutti compiacenti e complici. Avvertire il viaggiatore del fatto che ormai da anni il turismo sessuale sui minori è un reato punito in Italia anche quando viene perpetrato all’estero è quindi una efficace forma di prevenzione, «ma lo hanno fatto solo il 2,2% della categoria», avverte Zini, «e la situazione non può che peggiorare con l’aumento dei turisti che prenotano on line le loro vacanze, rimanendo così fuori dal nostro controllo». «Bisogna domandarsi perché ciò avviene – ha commentato Pietro Forno, procuratore aggiunto per il tribunale di Milano, coordinatore del Dipartimento pornografia e pedopornografia on line –. Il problema è che i casi di turismo sessuale sono difficilissimi da provare in quanto non esiste una polizia internazionale che riesca a penetrare il fenomeno, e soprattutto le persone non denunciano ». Nemmeno i tour operator, «che vendono i viaggi e non dicono nulla». Per Forno, dunque, «ci vuole una legge che stabilisca anche per la loro categoria quanto già previsto per i pubblici ufficiali e per il personale di pubblico servizio, costringendoli a denunciare i reati limitatamente all’ambito del turismo sessuale e della prostituzione minorile ». La legge 269, intitolata 'Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù', obbliga le imprese di turismo a scrivere in maniera evidente sui cataloghi e fra i documenti di viaggio consegnati ai clienti la seguente avvertenza: 'La legge italiana punisce reati inerenti alla prostituzione e alla pornografia minorile, anche se gli stessi sono commessi all’estero'. C’è poi un Codice di Condotta, recepito nel contratto nazionale del 2003 per i dipendenti del settore viaggi, che prescrive di 'stipulare clausole che vincolino i fornitori locali di servizi', ovvero proprio quegli operatori, taxisti, camerieri, eccetera che forniscono i bambini. Invece i tour operator si limitano ad avere fiducia nei fornitori storici, senza sviluppare le previste azioni di controllo. Contro tutto questo «l’Ebnt vuole essere soggetto sempre più attivo – si è impegnata la vicepresidente Lucia Anile –, noi mettiamo a disposizione tutti i nostri dati, chiediamo però al governo di fare anche lui qualcosa, sia per regolamentare l’on line, sia per non lasciare un ambito tanto grave alla buona volontà dei singoli». Continuare a chiudere gli occhi è criminale nei confronti di bambini straziati, facilmente procurabili per qualsiasi 'cliente' danaroso, «perché lì» tra orchi «si creano vere e proprie reti di passaparola». Proprio come tra persone normali ci si consiglierebbe il ristorante migliore.
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