venerdì 29 luglio 2016
​La Fondazione Paideia porta al mare i bimbi con handicap e le loro famiglie.
Sotto l'ombrellone c'è posto per i disabili
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Disabili in vacanza? Sì, grazie. La Fondazione Paideia, che si occupa di minori in difficoltà e delle loro famiglie, ogni anno invita al villaggio 'Pappasole', affacciato sul Golfo di Follonica, 40 bambini con deficit psichici o motori, accompagnati da papà, mamma e fratelli. Tutti insieme allegramente, in compagnia di altre famiglie nelle stesse condizioni. E non risulta che qualche ospite del villaggio scriva indignate recensioni su Tripadvisor, come purtroppo accaduto alcuni giorni fa a una struttura in Abruzzo. Al 'Pappasole', progettato e realizzato senza gradini o altri ostacoli, ci si gode una vacanza senza barriere, fisiche o psicologiche che siano. La Paideia ha avviato il progetto nel 2001 e da allora l’estate ha iniziato a essere un periodo di serenità anche per chi non se ne può permettere molti: in 15 anni hanno partecipato al progetto quasi 600 famiglie. Tutte si sono accorte che si può benissimo trascorrere una settimana sotto l’om- brellone anche se si hanno figli 'diversi'. «Noi la consideriamo un’esperienza di crescita – sottolinea Fabrizio Serra, direttore della Fondazione –. Siamo riusciti a promuovere un cambio di prospettiva. Di solito la disabilità finisce per proiettarsi sull’intera famiglia, spingendola verso l’isolamento sociale. In vacanza invece ci si rende conto che è possibile godersi momenti di benessere restando serenamente in mezzo agli altri». Convincere i genitori a uscire dal guscio non è sempre facile, ma prima o poi accade. «In vacanza noi, con tutti i problemi che abbiamo? » si chiedevano Andrea e Roberta, che oggi dicono: «Ci siamo quasi arrabbiati, ma ci siamo andati. Ed è stata la svolta della nostra vita. Abbiamo capito che possiamo permetterci di tornare a sorridere». I bambini sono presi in consegna dai volontari della Paideia, che li coinvolgono in giochi e laboratori. Insieme ai fratelli, ma anche agli altri coetanei. Con spontaneità, in barba a pregiudizi e paure. «Chi si avvicina lo fa con tatto e curiosità – spiega Serra –. La gente ci chiede cosa facciamo qui, si informa. La nostra presenza è percepita con rispetto, ed è un bel passo avanti rispetto all’indifferenza che spesso si incontra». Mentre i bambini si divertono tra un tuffo in piscina e una sfida a calcetto («il recupero della dimensione ludica è importante, non c’è solo l’aspetto terapeutico» puntualizza Serra) papà e mamma si concedono finalmente un po’ di tempo libero, quello che durante l’anno è difficile ritagliarsi. «La vacanza è una bella boccata d’ossigeno anche per noi genitori – assicura Marina Quercio, madre di due bambini disabili –. Ci si può rilassare e ritrovare come coppia: non è poco. Si vive con leggerezza e ci si rigenera, sapendo che i nostri figli sono in un ambiente sicuro, dove non sono guardati come bestie rare». Insomma, nessuno definisce «triste spettacolo per i miei figli» le persone in carrozzella, come ha fatto quel papà capitato nel villaggio abruzzese, lamentandosi dei troppi disabili presenti. «Quel padre ha perso un’occasione – riflette Serra –. Peccato, perché avrebbe potuto confrontarsi con chi ogni giorno sfida i suoi limiti, cercando di superarli. Sarebbe stata un’opportunità di crescita, soprattutto per i suoi figli».
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