domenica 10 gennaio 2016
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Quella dell’azzardo è un’industria fondata su una patologia. I giocatori patologici non sono un incidente di percorso, una minoranza trascurabile, un inevitabile effetto collaterale, ma sono necessari a quell’industria che mira a produrne sempre di più. Affermazione forte? Sì, ma ragionevole. La ricerca di Natasha Dow Schüll lo dimostra senza scampo: «Il gettito complessivo dell’azzardo deriva dai giocatori d’azzardo patologici con un’oscillazione percentuale che va dal 30% a uno sconcertante 60%» (pag. 29). Le prove? Gli industriali italiani dell’azzardo ripetono che non esistono studi specifici in merito. A loro certo piacerebbe, ma gli studi sono tanti e sempre dicono che sono le slot le prime succhiasoldi, il vero perno, il cuore dell’azzardo industrializzato. I primi studi sono di Lesieur nel 1998: i giocatori patologici e problematici rappresentavano il 30,4% della spesa totale per il gioco in quattro Stati americani e tre province canadesi da lui esaminati. L’anno successivo il Louisiana Gambling Control Board indicava che i gambler problematici e patologici comprendevano il 30% della spesa su casinò galleggianti, il 42% di quella presso i casinò indiani e il 27% sulle macchinette. Nel 1998 uno studio analogo viene condotto in Nuova Scozia: i giocatori accaniti, appena l’1% della popolazione, generava una rendita da macchinetta del 53%. Il governo australiano, nel 1999, ha condotto uno studio epidemiologico: i giocatori più o meno problematici erano il 4,7% ma contribuivano per il 33% alle rendite nette dell’azzardo e per il 42,4% delle entrate da macchinette. Lo studio più recente del governo australiano conferma che la quota di spesa del giocatore problematico «si attesta intorno al 40%, dove alcune stime, però, suggeriscono che questa quota arriva talvolta al 60% e, nelle valutazioni più prudenti, comunque al di sopra del 22%». E potremmo proseguire. In attesa di analogo studio promosso dal governo italiano, una prima conclusione ragionevole è che l’azzardo è un’industria che ha bisogno dei giocatori patologici e problematici. Essi non sono un trascurabile incidente, ma una necessità. Senza di essi, l’industria dell’azzardo crollerebbe.
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