mercoledì 29 ottobre 2014
​Oggi la consegna a Palermo di immobili e terreni. Bloccati altri 450 milioni alle cosche. Nella sola Sicilia sono 5.500 i beni confiscati.
INTERVISTA Il procuratore Roberti: bravi, ma si deve migliorare (A.M.Mira)
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Alcuni ex dipendenti di una catena di supermercati, confiscata a un prestanome di Matteo Messina Denaro e poi fallita, si appropriano di un altro bene sottratto alla criminalità per farlo rivivere. Il tutto sempre nella patria del superlatitante di Cosa nostra, Castelvetrano. È un durissimo schiaffo quello che lo Stato ha appena assestato alla mafia siciliana, scegliendo di colpire i boss nell’unico punto che può farli tremare davvero: il patrimonio economico. Un bottino che, secondo le stime aggiornate a tutto il 2013, conta oltre 5.500 beni confiscati.  Oggi, mercoledì, il direttore dell’Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il prefetto Umberto Postiglione, consegnerà a Palermo 530 beni alla presenza del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e del Procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti. Ancora top secret l’elenco di immobili, terreni, ville e società, che potranno essere utilizzati da enti locali, associazioni, enti del terzo settore, riacquistando una nuova identità. Di certo c’è che Alfano consegnerà al presidente della cooperativa 'Terramia', costituita da sette ex lavoratori della fallita Gruppo 6 Gdo di Castelvetrano, confiscata all’imprenditore Giuseppe Grigoli, prestanome di Messina Denaro, strumenti, attrezzature e mezzi per l’imbottigliamento dell’olio di oliva e per la stagionatura dei formaggi. Il ramo di azienda Olioliva sarà dato in affitto gratuito e senza oneri a carico dello Stato. Un sogno che diventa realtà per alcuni ex dipendenti dei supermercati del Trapanese, per anni gestiti dalla mafia. E sempre in provincia di Trapani un altro duro colpo alle casse di Cosa nostra è stato inferto ieri dalle forze dell’ordine. Beni per oltre 450 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia, con provvedimento del Tribunale di Trapani presieduto da Pietro Grillo, all’imprenditore palermitano Calcedonio Di Gio- vanni, 75 anni, secondo l’accusa legato in affari con le famiglie mafiose del mandamento di Mazara del Vallo. Per gli inquirenti «gli stretti legami con i vertici di Cosa nostra e il collegamento con noti esponenti dediti al riciclaggio internazionale, hanno permesso all’imprenditore di realizzare il suo ingente patrimonio immobiliare, oggi sequestrato». Tra i beni vi sono anche un centinaio di case nel villaggio vacanze Kartibubbo a Campobello di Mazara. È in questa cittadella del divertimento balneare che, secondo l’accusa, sarebbe emerso «il collegamento di Di Giovanni con uno dei principali artefici del riciclaggio internazionale: Vito Roberto Palazzolo». Originario di Monreale, in provincia di Palermo, Di Giovanni, viene descritto come «imprenditore spregiudicato» entrato in affari anche con mafiosi di Castelvetrano (come Filippo Guttadauro, cognato di Matteo Messina Denaro) e in contatto con Pino Mandalari, il commercialista di Totò Riina.
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