sabato 20 giugno 2015
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La manifestazione odierna a piazza San Giovanni, volutamente apolitica e senza sigle, è un evento 'in positivo', un movimento pacifico che nasce dal basso e che chiama a raccolta uomini e donne, laici e cattolici, credenti e non credenti. L’intento degli organizzatori è dare un segnale chiaro alle istituzioni sul reale coinvolgimento e sull’effettiva opinione dei cittadini italiani sui temi legati alla famiglia e all’educazione. L’iniziativa è promossa dal Comitato 'Difendiamo i nostri figli' composto da esperti provenienti da diverse associazioni: Simone Pillon, Gianfranco Amato, Giusy D’Amico, Toni Brandi, Filippo Savarese, Costanza Miriano, Mario Adinolfi, Jacopo Coghe, Maria Rachele Ruiu, Paolo Maria Floris, Alfredo Mantovano, Nicola Di Matteo. Portavoce del comitato è il neurochirurgo Massimo Gandolfini. Scopo del Comitato è «promuovere il diritto del bambino a crescere con mamma e papà, difendere la famiglia naturale dall’assalto a cui è costantemente sottoposta, difendere i nostri figli dalla propaganda delle teorie gender che sta avanzando surrettiziamente e in maniera sempre più preoccupante nelle scuole». L’appuntamento per i partecipanti è fissato alle ore 15.30.Il passaparola più efficace è transitato via Whatsapp e social network, ma oggi quel che è virtuale cammina sulle gambe delle persone. 'Difendiamo i nostri figli', la piazza della famiglia 2015, è anche in modalità 3.0 e il tam tam tra genitori ha fatto sì che i famosi sei gradi di separazione abbiano messo in contatto uomini e donne che non si conoscono affatto, ma da Nord a Sud del nostro Paese condividono un’idea comune, una consapevolezza maturata attraverso approfondimenti e incontri. Non un’opposizione acritica quindi, ma il frutto di una riflessione culturale documentata su fatti reali. «Oggi sono qui perché voglio bene ai miei figli e non voglio che siano plasmati da teorie che non rispecchiano la realtà», dice Paolo, 30 anni e quattro figli. Il suo punto di vista sulla veicolazione del gender è frutto di esperienza diretta. Ha un lavoro particolare, è multimedia engineering per una grande azienda, in parole semplici visiona 2 film al giorno per 5 giorni a settimana per poi realizzarne i trailer per la messa in onda: «È incredibile quanta propaganda a favore del gender e di altri modelli di famiglie passi attraverso i film e le serie televisive senza che ce ne rendiamo conto. E i bambini assorbono tutto».  Dalla cattiva maestra tv alla scuola il passo a volte è sorprendentemente breve. Il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, ha parlato di «esperimenti pseudo pedagogici sul bambino» su cui non è possibile tacere. E ha incoraggiato la manifestazione, definendola doverosa. «Chi fa questo genere di proposte per la scuola probabilmente non ha idea di come sono i bambini – commenta Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile –. Il bambino non è un piccolo adulto, ma ha un ragionamento concreto basato sull’evidenza sperimentabile e quello che va contro l’evidenza lo confonde». Cercare di imporre una concezione ipotetica della sessualità è solo frastornante, chiarisce l’esperta: «Il bambino scopre che ci sono differenze sessuali fisiche evidenti e divide il mondo in due categorie: maschio e femmina. Dirgli che sceglierà poi da grande cosa vuole essere, gli crea un enorme disorientamento, proprio nel momento in cui avrebbe invece bisogno di una guida». Un’educazione alla sessualità inadeguata all’età di chi la riceve può provocare danni consistenti: «I bambini non leggono la sessualità come gli adulti, non la interpretano con i codici con cui la intendiamo noi. Per questo se vengono introdotti troppo precocemente alla sessualità dei grandi ne restano traumatizzati». Anche gli insegnanti si trovano d’accordo sul fatto che non sia possibile parlare di neutralità educativa. «Il gender non è una qualsiasi materia curriculare, come l’italiano o la matematica – spiega Francesca, maestra elementare e mamma di due bambini –, ma riguarda la sfera della psiche intima. Per esempio, l’adozione dei libri di testo non è una scelta indifferente: per questo è essenziale vigilare, associarsi, mettersi d’accordo preventivamente con docenti e dirigenti scolastici». Tra le motivazioni che la portano a mobilitarsi – «i genitori devono poter scegliere che tipo di educazione dare ai propri figli, è un diritto tutelato dalla Costituzione» –, spicca quella legata al valore sociale dell’azione di ciascuno, il cui peso ricade sulla collettività: «I politici pensano che la gente sia ingenua. Non è così. Io non voglio che un giorno i miei figli mi dicano: mentre succedeva tutto questo, tu dov’eri?». La partecipazione si annuncia numerosa. Molti sono i pullman partiti da ogni regione per raggiungere piazza San Giovanni, dove decine di migliaia di persone sono intenzionate a dare una testimonianza pacifica, ma chiara rispetto a temi così delicati da non lasciare indifferenti. «Abbiamo ricevuto il messaggio di appoggio del rabbino Riccardo Di Segni – annuncia il portavoce del Comitato Massimo Gandolfini –, che esprime la sua vicinanza ai valori e ai principi che la manifestazione veicola. Il regista Pupi Avati ha registrato un videomessaggio che trasmetteremo oggi dal palco». Gli organizzatori assicurano inoltre di aver ricevuto anche l’adesione a titolo personale di alcuni vescovi che dovrebbero essere quindi in piazza oggi. Ma per ricordare quanto sia semplice e naturale essere bambini, trovano posto anche iniziative spontanee. Così, un gruppo di mamme si è organizzato per trasformare parte della piazza in un enorme e colorato laboratorio dove i protagonisti saranno i bambini, che faranno disegni e lavoretti sul tema della bellezza della famiglia.
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