martedì 27 gennaio 2015
​Viaggio nel centro raccolta di Roma: 7 persone in 12 metri quadrati. Spesi quasi 3 milioni per l'accoglienza-scandalo. (Luca Liverani)
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Trecento persone alloggiate dentro stanze senza finestre, in un capannone industriale. Stipati anche in 7 per stanza, la metà sono minori. Standard igienico-sanitari fuori legge, per i quali il Campidoglio nel 2014 ha sborsato 2 milioni 623 mila euro. Ovvero 759 euro a testa al mese. Benvenuti al 'centro raccolta rom' di via Visso 14, battezzata pomposamente Best House Rom, la 'casa migliore'. «È un mostro, figlio delle proroghe – dice il neo Assessore capitolino ai servizi sociali Francesca Danese – dietro le quali si è insediato il malaffare. Va chiuso. Entro un paio di mesi».  Per andare a vedere come vivono i rom nelle strutture pagate dal Campidoglio non basta la presenza di un senatore della Repubblica, il presidente della Commissione diritti umani di palazzo Madama Luigi Manconi. «Lei può entrare, ma niente giornalisti», è il diktat dell’operatore della cooperativa Inopera che sovrintende alla struttura. Il cancello di ferro però si deve aprire, quando arriva l’assessore capitolina Danese. A spiegare come si riesce a creare un ghetto del genere è Carlo Stasolla, il presidente dell’Associazione 21 luglio: «Il Comune di Roma Il 6 luglio 2012 – spiega – con una determinazione dirigenziale a firma di Angelo Scozzafava, ex direttore del Dipartimento promozione delle politiche Sociali, oggi indagato per associazione di tipo mafioso e corruzione aggravata, ha assegnato alla Cooperativa con affidamento diretto il servizio di accoglienza dei rom sgomberati» da altri insediamenti. È dell’Associazione 21 luglio il dossier  Campi Nomadi Spa che - ben prima dell’inchiesta Mafia Capitale - documentava come la Giunta Alemanno nel 2013 avesse speso oltre 24 milioni per l’accoglienza degli 8 mila rom di Roma, «coi risultati di integrazione che sono sotto gli occhi di tutti», commenta Stasolla.  Via Visso è una traversa della Tiburtina poco prima del Raccordo. Dietro al cancello rosso un cortile dove le donne lavano i panni. Dentro, corridoi gialli sui cui si affacciano a destra e sinistra stanze su stanze. Sembra un albergo economico. Chi ci apre la porta mostra stanze pulite e dignitose: letti, tappeti, un tavolo, ai muri foto di bambini o immagini sacre. Ma niente finestre, né lucernari di alcun tipo. Solo neon e ventilazione forzata. Qualcuno ha appeso delle tendine, sognando una finestra. In ogni stanza c’è una famiglia, anche 7 persone in 12 metri quadri. Cioè 1,8 metri quadri a testa. E pensare che l’Italia è stata condannata dall’Europa perché nelle carceri i detenuti avevano meno di 4 metri quadri a testa. Nesib Hrustic, 51 anni, bosniaco, è da 29 anni in Italia con la moglie Sefika. Qui sono nati tutti i suoi undici figli. L’unico maschio, il più piccolo di 7 anni, è affetto da sindrome di Down e ha problemi respiratori. «Ci svegliamo tutti col mal di testa, non c’è aria abbastanza, spesso di notte devo portare fuori mio figlio all’aperto, aspettare che si riaddormenta e riportarlo dentro. Nella baracca almeno avevo luce e aria». «Dobbiamo ristabilire legalità e trasparenza – commenta l’assessore Danese – perché i romani devono sapere dove va ogni centesimo. Qui il denaro pubblico è stato usato per strutture che non hanno neanche i requisiti igienico sanitari. Mi sto preoccupando di trovare un sistema accogliente e rispettoso dei diritti. E questa gente deve poter lavorare in modo onesto, magari nel recupero del materiale. Sto studiando tutto il tema dell’accoglienza, col volontariato e le cooperative sociali sane. Il problema dell’abitare è comune anche a molti romani che stanno per essere sfrattati non perché morosi ma perché è scaduto il contratto». L’aria al Best House è pesante. Non solo per mancanza di finestre. Stasolla parla di «clima intimidatorio ». Un esempio? «A ottobre 2014 abbiamo portato due residenti a Torino a un convegno dove hanno denunciato le loro condizioni di vita. Al ritorno sono stati espulsi , con 22 minori tra cui un neonato di pochi giorni. Abbiamo occupato l’Assessorato che allora ha disposto un’altra soluzione. Le motivazioni? Scarsa frequenza scolastica dei figli. Abbiamo portato al dirigente che aveva firmato l’espulsione i certificati di frequenza». Ma le intimidazioni continuano. Anche durante la visita: «L’operatore della cooperativa Inopera – denuncia Stasolla – di fronte a testimoni oggi mi ha minacciato: 'Tu campi poco'. C’è un profilo di illegalità gravissimo. Abbiamo fatto un esposto all’autorità anticorruzione: violazione dei diritti umani e sperpero di denaro pubblico». «Il Best House Rom va chiuso immediatamente – dice Manconi – e va superato il modello dei campi rom, individuando i percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia nazionale di inclusione dei Rom in Italia», curata dall’allora ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi. 
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