martedì 26 maggio 2015
Il direttore della Caritas di Teggiano-Policastro denunciò al Viminale le «anomalie» con la diaria.
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Fiducia nella magistratura, ma anche «sorpresa» e vicinanza a don Vincenzo Federico, il direttore della Caritas di Teggiano-Policastro indagato per peculato e coinvolto dalla Procura di Napoli nell’inchiesta sulla truffa a danno dei migranti e dello Stato. La diocesi campana ha ricordato ieri, in una nota, che «l’accoglienza dei migranti ha trovato la nostra Caritas in prima linea in una missione affrontata senza scopo di lucro e con generosa dedizione». E ancora, «le iniziative di animazione hanno portato al coinvolgimento di famiglie, comunità ed enti locali e alla collaborazione con le istituzioni preposte all’accoglienza in totale trasparenza di comportamenti e di azioni ».  Il problema, come ha ricordato ieri il direttore della Caritas italiana don Francesco Soddu, è la rapidità delle indagini «anche per rispetto del lavoro di tante persone. Chiediamo che la vicenda non offuschi il lavoro di tante Caritas e tanti operatori impegnati tutti i giorni a servizio dei poveri». Soprattutto sui social media si è infatti scatenato il veleno contro chi aiuta i migranti, cui ha dato puntualmente voce in Parlamento il leghista Pini, parlando dell’organismo pastorale come «animale sacro» cui la politica ha dato molti tributi. Sembra che la sentenza per alcuni sia già stata scritta.  L’indagine ha portato all’arresto di Alfonso De Martino, presidente dell’onlus ’Un’ala di riserva’ di Pozzuoli accusato di essersi appropriato di oltre un milione di euro, della sua compagna Rosa Carnevale e del fratello di quest’ultima. Una frode giocata sul traffico di pocket money (i 2,5 euro al giorno dati a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la compagna (582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti). Parte di questi ticket provengono - secondo quanto raccontato da De Martino a gennaio scorso dalle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano per cui don Vincenzo Federico e un suo collaboratore sono indagati.  Ma in una lettera datata 30 luglio 2014, proprio don Vincenzo, insignito del titolo di Cavaliere da Napolitano a dicembre, segnalava al prefetto Mario Morcone, Capo dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del Viminale, l’inopportunità di procedere con la consegna dei ticket perché «tale situazione favorisce un mercato 'illegale' dei pocket money che vengono 'tramutati' in contante trattenendo, da chi lo fa, una illecita provvigione: 50 euro in contanti per il blocchetto che ne vale 75». Ancora, sottolineava «il rischio di eventuali sacche di illegalità e di sfruttamento della condizione dei migranti». Insomma segnalava in tempi non sospetti il meccanismo al quale è accusato di aver preso parte.  L’inchiesta napoletana ha preso avvio dalla denuncia di due immigrati somali arrestati ingiustamente in seguito a false accuse da parte di De Martino a cui avevano chiesto la corresponsione dei pocket money. In carcere i due spiegarono i fatti agli inquirenti. Ma un altro filone impegna i pm. Oltre ai due funzionari della Regione Campania, Vincenzo Cincini e Giuseppe Mattiello, accusati di corruzione, ci sarebbero infatti altri due indagati, mentre si accerta il ruolo di un consigliere regionale e un ex sindaco dell’area flegrea e si verificano i collegamenti tra la onlus dei De Martino e la Protezione civile campana. Sulla vicenda è intervenuto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che ha chiesto alla Procura di Napoli di acquisire copia degli atti per capire se ci siano i presupposti per chiedere il commissariamento degli appalti gestiti e verificare le attività di accoglienza in Campania.

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