mercoledì 11 maggio 2016
Campagna di Focsiv e Coldiretti fino al 18 Puglia, Villaggio anti-caporali per migranti.
Riso solidale in piazza per i contadini sfruttati
COMMENTA E CONDIVIDI
Sostenere l’agricoltura familiare, in Italia e nel mondo, per promuovere il diritto al cibo e la dignità di chi lavora la terra. È l’obiettivo della campagna di raccolta fondi, “Abbiamo riso per una cosa seria”, promossa fino al 18 maggio da Focsiv (Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario) e Coldiretti. Per aderire è sufficiente inviare un sms solidale da due euro al 45594, oppure telefonare da rete fissa per donare da 2 a cinque euro. Inoltre, sabato e domenica in mille piazze italiane, nelle parrocchie e nei mercati di Campagna amica, circa 4mila volontari proporranno l’acquisto di pacchi di riso “Roma” 100% italiano, per una donazione minima di 5 euro. I fondi raccolti serviranno a sostenere i 38 progetti che i soci di Focsiv stanno realizzando nelle aree più povere del mondo a favore di 114.248 famiglie di contadini poveri. Nel mondo, infatti, si stima che la maggioranza di quanti soffrono ancora la fame e l’estrema povertà, circa 800 milioni di persone, siano piccoli agricoltori. Inoltre, secondo dati recenti della Fao, il 98% delle proprietà agricole mondiali è rappresentato da 500 milioni di aziende agricole familiari. Un modello che, nei Paesi in via di sviluppo, rappresenta la principale fonte di reddito ed occupazione per il nucleo familiare e favorisce lo sviluppo locale. In Italia, la Coldiretti stima in oltre 300mila gli immigrati impiegati con un regolare contratto in agricoltura, che rappresentano circa un quarto delle giornate di lavoro dichiarate dalle aziende. Gli stranieri, quindi, costituiscono una componente fondamentale del made in Italy agroalimentare e contribuiscono in modo determinate al suo sviluppo.  Per salvaguardare questi lavoratori dallo sfruttamento illegale, Coldiretti sostiene il progetto del Villaggio solidale, struttura realizzata in Puglia per dare ospitalità agli immigrati sottraendoli al caporalato, garantendo loro anche un regolare contratto per la raccolta del pomodoro nelle aziende associate alla Confederazione agricola. «Il modello italiano dell’agricoltura familiare è una sfida su cui investire e da esportare – sottolinea Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti –. Con il loro lavoro gli imprenditori agricoli italiani hanno posto al centro la persona per costruire un’agricoltura di straordinaria qualità con caratteri distintivi unici, con una varietà e un’articolazione che non ha uguali al mondo, ma anche percorsi di accoglienza per i migranti». Partecipare alla compagna “Abbiamo riso per una cosa seria” serve anche a rafforzare i piccoli imprenditori agricoli e il modello di agricoltura familiare, minacciato dalle grandi multinazionali, per una vera democrazia alimentare.  «L’agricoltura familiare – sottolinea il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino – è un modello che restituisce alle comunità il diritto a produrre, prima di tutto, gli alimenti necessari al proprio sostentamento e, poi, può avviare un processo di sviluppo territoriale che conduce alla democrazia alimentare e, più in generale, all’ecologia integrale ». Contribuendo, sottolinea il presidente Focsiv, Gianfranco Cattai, a formare «cittadini consapevoli», «attivi nelle scelte» e «liberi dalla schiavitù dei prezzi imposti dalle multinazionali dell’agroalimentare». «Grazie all’economia familiare – aggiunge Cattai – gli agricoltori italiani possono dare una risposta concreta al fenomeno del caporalato ed i contadini del Sud possono liberarsi dai condizionamenti dell’agribusiness e non temere l’abbandono della terra». Obiettivi appoggiati dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che su Facebook sostiene la campagna di Focsiv e Coldiretti. «Sulla dignità del lavoro non si tratta. Va rispettata sempre e in ogni parte del pianeta, a partire dalle campagne. L’Italia in questo deve continuare a svolgere un ruolo di guida come quello tracciato con Expo e con la Carta di Milano. Contro ogni sfruttamento».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: