mercoledì 25 maggio 2016
Scoperte a Giugliano (Napoli) due nuove cave adibite a discariche. Parte dei rifiuti è stata usata per produrre mattoni difettosi. 14 persone agli arresti domiciliari. (Antonio Maria Mira) IL COMMENTO Il problema non sono i rifiuti urbani (Maurizio Patriciello)
Terra dei fuochi, continua lo scempio
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Duecentocinquantamila tonnellate di rifiuti speciali, in gran parte resti di demolizioni, sono stati smaltiti illegalmente in due cave e una parte addirittura mischiata con pozzolana per produrre mattoni poi risultati fragili. Un affare da svariati milioni di euro e ad altissimo rischio in una zona già gravemente martoriata. È successo fino ad oggi a Giugliano, grosso centro (120mila abitanti) a Nord di Napoli, tra i più disastrati dai rifiuti. Qui c'è, infatti, la cosiddetta "area vasta", la maggior concentrazione di discariche illegali, dalla Resit di Cipriano Chianese alla Novambiente di Gaetano Vassallo, tutte sequestrate e sotto processo per disastro ambientale. Spesso ex cave. E la storia si ripete. Ora si aggiungono le due cave San Severino e Neos, scoperte dai carabinieri del Comando tutela dell'ambiente nell'inchiesta coordinata dalla Dda di Napoli.

 

Con l'accusa di traffico illecito di rifiuti sono così finite agli arresti domiciliare 14 persone, mentre in tutto gli indagati sono 39. "Ci sono tutti: gli imprenditori edili che sapevano benissimo di rivolgersi a ditte che smaltivano illegalmente, i proprietari delle cave e quelli di un laboratorio che attestava falsamente la non pericolosità dei rifiuti" ci spiega il maggiore Marco Ciervo, comandante del Noe dei carabinieri di Caserta. "Questa inchiesta - aggiunge il maggiore - conferma il grande impegno delle Forze dell'ordine nel contrasto all'illegalità nella "terra di fuochi" ma anche come continui l'enorme affare dello smaltimento illecito. Sono troppi i soldi in ballo e c'è sempre qualcuno disponibile".

 

Questa inchiesta non riguarda fatti lontani nel tempo ma attualissimi. Le cave, infatti, erano ancora in piena attività. E siamo appena all'inizio. Tra gli arrestati e gli indagati ci sono persone già note agli investigatori per "affari" analoghi e alcune ritenute vicine alla camorra. Non a caso alcune delle perquisizioni sono state eseguite a Casal di Principe e Casapesenna, paesi simbolo del clan dei "casalesi", clan imprenditoriale sia nel settore dei rifiuti che nell'edilizia. In attesa di sviluppi, quello che emerge è un classico "delitto d'impresa". 

L’inchiesta nasce dalle verifiche effettuale dal Noe di Caserta in seguito ad un esposto anonimo nel quale veniva denunciata un’attività di raccolta, stoccaggio e commercio di inerti da demolizione che venivano conferiti presso la società "San Severino ricomposizioni ambientali".

Le indagini hanno così permesso di stabilire come presso la cava, autorizzata ad effetturare operazioni di ricomposizione ambientale, cioè quell’insieme di azioni aventi lo scopo di realizzare un assetto dei luoghi tendente alla salvaguardia dell'ambiente naturale ed alla conservazione della possibilità di riuso del suolo, in realtà venissero smaltiti i rifiuti provenienti da demolizioni di edifici della città e provincia di Napoli, senza essere sottoposti a processi di separazione, vagliatura e macinazione mediante apposito impianto, peraltro in una zona a rischio idraulico, così come individuata dall'Autorità del Bacino Nord Occidentale della Campania. Un sito non nuovo a traffici illeciti. Ultimamente ne ha parlato collaboratore di giustizia Nunzio Perrella, coinvolto in varie inchieste sulle ecomafie. Dichiarazioni tempestivamente e compiutamente dimostrate dai militari nel corso dell’attività investigativa.

 

Analogo traffico di rifiuti è stato ricostruito presso una seconda cava, la Neos, sempre nel comune di Giugliano. In questo caso, le attività hanno permesso di dimostrare come gli indagati miscelassero i rifiuti provenienti dalle demolizioni con la pozzolana prodotta nella cava, rivendendone il miscuglio all’industria Moccia di Caserta, produttrice di laterizi e cemento. I controlli hanno infatti stabilito come i mattoni, destinati all’edilizia civile, presentassero una particolare fragilità, circostanza peraltro emersa in maniera palese anche da alcune conversazioni telefoniche. Infine i traffici illeciti hanno riguardato anche i lavori di ripulitura dell’alveo di via Cirillo del comune di Quarto nel quale gli indagati hanno smaltito illecitamente i rifiuti speciali non pericolosi sia "mediante abbancamento sulle stesse sponde del canale e nei terreni circostanti, con successiva copertura con terreno vegetale, che, in seguito alle piogge, è franato, sia mediante riposizionamento e occultamento dei rifiuti nella medesima vasca di laminazione dell’alveo ovvero nel luogo da cui erano stati rimossi, con conseguente ostruzione del flusso delle acque".

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