mercoledì 19 ottobre 2016
Pressati e soffocati nella stiva, 551 quelli identificati finora. Il relitto potrebbe essere portato a Bruxelles.
Il recupero delle salme: eccellenza italiana con valenza umanitaria
Migranti, quasi mille morti nel barcone
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Ottocento, ma forse anche mille. Sembra non terminare mai il conteggio. Ci sono i cadaveri recuperati, 217, ci sono le body bags, 458, che contengono più resti umani e c’è il racconto dei sopravvissuti che parla di dieci viaggi di gommone con cento persone per volta, fino al barcone. Inutile chiamarla la più grande tragedia del Mediterraneo. Il barcone di circa venti metri è affondato il 18 aprile del 2015, a 135 chilometri dalle coste libiche. È stato recuperato a oltre 365 metri di profondità per dare un nome a quei migranti morti, «per dare una risposta ai vivi» ha detto la professoressa Cristina Cattaneo dell’Universita di Milano a capo dell’equipe di medici legali che si occupa dell’identificazione delle vittime. La Presidenza del Consiglio ha speso quasi dieci milioni di euro per l’operazione, che però non è ancora terminata. Anzi, probabilmente manca ancora tanto alla conclusione. «Tra un anno finiremo ogni analisi. Abbiamo raccolto i dati – spiega la Cattaneo – e collezionato i reperti, effettuato le autopsie su corpi interi, esaminato i corpi scheletrici, e adesso comincia la parte di laboratorio e raccolti dati ante mortem, cioè i contatti con i familiari nei Paesi d’origine e in Europa per la raccolta del tampone genetico, fotografie, dai profili Facebook per vedere i connotati come tatuaggi e cicatrici, al profilo dentario.

Per molti l’identificazione con il dna non può essere effettuata e quindi bisogna trovare altre strategie». C’è un numero infinito di scatoloni: «Tutti gli effetti personali verranno registrati, sono tantissimi documenti, con numeri e nomi. Una persona su due ha in tasca un bigliettino con numeri di telefono». Purtroppo però mancano i fondi e una struttura centrale a livello europeo che possa coordinare. «Dobbiamo estrarre il profilo del dna, un’operazione costosa. Si è costituito un gruppo di genetisti universitari così come è stato fatto dai medici legali universitari: sarebbero disposti a fare la profilazione genetica, per arrivare al profilo completo post mortem. Lo stesso con i familiari: i cui dati si metteranno in una banca dati in modo tale da fare il confronto. Ma va creata una infrastruttura: non possiamo pretendere che i parenti arrivino in Italia a portare i dati.

Si devono creare degli hotspot in ogni Paese: a Berlino, a Parigi dove ci sono persone qua-lificate alla raccolta. Bisogna creare un network che permetta la trasmissione dati ai Paesi che hanno i dati sui morti come Italia o Grecia. Questa operazione ha bisogno di fondi: non vorrei che tutto si are- nasse. Questi fondi potrebbero arrivare dall’Europa». Lo ribadisce anche il commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, Vittorio Piscitelli, a Siracusa con l’ammiraglio Nicola De Felice, e accolto dal prefetto Armando Gradone: «È un’operazione unica al mondo. Ci hanno riconosciuto una best pratice a livello internazionale e vorrebbero fosse una pratica diffusa in tutti gli Stati a livello europeo. Ci vorrebbe un organismo di coordinamento e che ogni Stato si dotasse di un data base per lo scambio di informazioni.  

Abbiamo stipulato un protocollo con la Croce Rossa internazionale e la commissione internazionale delle persone scomparse. Tramite le sedi diplomatiche faremo sì che queste modalità siano conosciute in tutti i Paesi di origine». Non parla di fondi il sottosegretario di Stato Domenico Manzione: «È evidente che sul mare la rotta mediterranea si presenta come la più pericolosa tra le rotte migratorie perché mediamente ci sono tra 3.000 e 3.500 morti» spiega Manzione. «L’aspetto più significativo del senso di appartenenza alla patria di questi migranti lo abbiamo toccato con mano quando accanto ad una delle salme abbiamo ritrovato un sacchetto di terra appartenente al paese da cui erano fuggiti». 

 In merito alla destinazione del barcone, che ancora si trova al pontile di Marina di Melilli, il sottosegretario ribadisce: «La destinazione del barcone potrebbe essere Bruxelles perché il presidente del consiglio ci terrebbe molto per ricordare quello che succede nel Mediterraneo, perché l’Europa possa contribuire fattivamente a quegli obiettivi di umanità e di accoglienza che la Sicilia e tutta Italia stanno dimostrando ». Infine gli impegni: «Il ministro dell’interno ha rilevato che l’Europa ci ha chiesto di fare alcune cose come aumentare il numero degli hotspot e far crescere il nostro sistema di accoglienza e lo abbiamo fatto: ora ci aspettiamo che si dia seguito agli impegni assunti in sede europea, ovvero la ridistribuzione all’interno degli Stati europei degli immigrati che arrivano».

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