domenica 23 novembre 2014
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Se il sistema giustizia funziona in maniera poco efficiente, producendo molte vittime e allontanandoci dal consesso europeo, non bisogna cercare solo le responsabilità della magistratura. Lo affferma dal suo particolare osservatorio del centro di ascolto milanese di piazza Luigi di Savoia 22, l’Aivm (Associazione italiana vittime di malagiustizia) guidata da Mario Caizzone, commercialista internazionale, la cui carriera e vita privata sono state segnate da un incubo giudiziario durato 22 anni e finito con la piena riabilitazione.  «Sulla base della nostra esperienza – afferma Caizzone, portavoce di una categoria di cittadini disperati e senza voce – possiamo di affermare che la ricerca della responsabilità va condotta anche nel-l’attività degli avvocati. Molte persone, almeno il 75% dei casi che seguiamo, si sono rivolte all’Aivm, che le aiuta gratuitamente dopo un’istruttoria, per avere un suggerimento anche sulla difesa. È innegabile che spesso le lamentele derivino dal mancato ottenimento delle proprie pretese, ma, altrettanto di frequente, l’insoddisfazione è il frutto di superficialità e inottemperanze dell’avvocato».  Sintomatico il caso da una persona condannata al pagamento degli onorari del proprio precedente avvocato, onorari già compensati ma senza fatturazione, e richiesti in via giudiziaria solo a seguito della revoca del mandato e del successivo esposto all’Ordine degli avvocati di appartenenza per violazioni del codice deontologico. Il caso di Giuseppe Casto, leccese di Taurisano, 48 anni, dimostra come spesso non sia la Giustizia a determinare l’esito processuale, ma l’abilità, a volte accompagnata da disonestà, dell’avvocato.  I Casto, titolari di un’attività di alimentari, hanno un avvocato di fiducia. I rapporti si intensificano a seguito della morte prematura del padre di Giuseppe in un incidente stradale. La famiglia si rivolge al legale per promuovere un’azione di risarcimento danni e da subito l’avvocato dimostra premura soprattutto nel vedere adempiuto il pagamento degli onorari. «I pagamenti – racconta Caizzone – avvenivano periodicamente e in buona fede, senza rilascio di ricevuta o fattura, mai pretesa da Casto proprio per la fiducia nel legale. Ben presto, però, la fiducia si affievolisce a causa della reticenza del professionista nel tenere informati i clienti sull’andamento del processo contro l’assicurazione, della cui positiva conclusione la famiglia viene a conoscenza da parte di terzi. La famiglia, allora, gli revoca il mandato e, nel contempo, sporge denuncia all’autorità giudiziaria per appropriazione indebita e truffa contro il legale. Inoltre presentano un esposto all’Ordine degli avvocati per violazione del codice deontologico». L’Ordine tenta la conciliazione, rifiutata dai Casto, fin troppo danneggiati dal legale. Quest’ultimo, allora, li cita esigendo il pagamento degli onorari, gli stessi già compensati senza il rilascio di fattura. Siamo nel 2006, il procedimento di primo grado termina solo nel 2014 con la sconfitta dei Casto, determinata da carenze e inadempienze del nuovo legale: costituzione tardiva, contestazioni generiche, mancata produzione di prove. «Non è stata prodotta in giudizio – prosegue il presidente dell’Aivm – la prova determinante. Si tratta della dichiarazione, ottenuta dai Casto solo con il nostro supporto, di avvenuto pagamento da parte dell’assicurazione di 16.500 euro di compensi liquidati all’ex avvocato con assegno e versamento della ritenuta d’acconto. Oltre al danno la famiglia ha subito anche la beffa. Niente generalizzazioni sui legali, ma da due anni invochiamo una riforma della giustizia che cambi la difesa d’ufficio e del gratuito patrocinio».  Sono diversi i punti dolenti nel rapporto tra clienti e legali riscontrati dall’Aivm: «Tra questi, stesura e presentazione – denuncia Caizzone – di ricorsi palesemente irricevibili o inammissibili, l’omissione del dovere di comunicazione e informazione, ritardi e omissioni nel deposito di atti, patteggiamenti conclusi senza consultare il cliente e la mancata fatturazione degli onorari». Anche questa è malagiustizia.
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