venerdì 7 ottobre 2016
Denuncia del Tdm: solo uno su dieci ha spazi per terminali. San Camillo, Lorenzin avvia indagine sul malato di tumore morto dopo 56 ore di agonia solitaria.
Incubo pronto soccorso: attese di 48 ore
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Lunghi tempi di attesa, anche fino a 2 giorni, sovraffollamento, poco personale, scarsa attenzione al dolore e mancata comunicazione con i pazienti. L’Italia dei pronto soccorso, scattata dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva e da Simeu (Società italiana della medicina di emergenzaurgenza) è a due velocità. Con situazioni che registrano enormi differenze tra Nord e Sud. C’è ad esempio l’Ospedale Santa Marta e Santa Venere di Acireale (Catania) dove l’attesa per il ricovero in reparto ha raggiunto il record di 7 giorni e quello dell’Ospedale di Dolo ( Venezia) dove, invece, l’attesa in Pronto soccorso prima del ricovero è in media di sole due ore. Il monitoraggio fotografa 93 strutture di emergenza urgenza; dà voce a 2.944 tra pazienti e familiari di pazienti intervistati; misura accessi, ricoveri e tempi di attesa di 88 strutture di emergenza urgenza. Solo in sei strutture su 10 si registra un’adeguata attenzione alla terapia del dolore mentre gli spazi dedicati al malato in fase terminale solo nel 13% delle strutture. 

E ancora: il 30% dei pazienti in pronto soccorso non ha visto preservarsi privacy e riservatezza, e la procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate. Ma il vero problema resta la disomogeneità a seconda delle regioni: la situazione, rileva il monitoraggio, appare infatti «ancora oggi molto diversa fra strutture del Nord, del Centro e del sud, soprattutto come conseguenza di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale».

«C’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone – ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – si inizi adottando in tutte le strutture la Carta dei Diritti al Pronto Soccorso e rispettando le Leggi: va infatti garantita l’attivazione di letti di Osservazione Breve Intensiva previsti dal Decreto 70 del 2015 sugli standard ospedalieri, ancora oggi non disponibili in tutti gli ospedali».

Nella carta dei diritti si chiede anche che la presenza del familiare sia un diritto «e non un favore da chiedere di volta in volta». Il Pronto Soccorso rappresenta per i cittadini «un punto di riferimento irrinunciabile e nel quale nutrono fiducia. È necessario però investirci e migliorarlo per renderlo più accessibile e umano». Intanto il giorno dopo la denuncia di Patrizio Cairoli, il figlio del malato oncologico terminale che ha trascorso le ultime sue 56 ore di vita al pronto soccorso dell’ospedale San Camillo di Roma, il ministro Beatrice Lorenzin ha annunciato l’avvio di un’inchiesta interna.

«Quanto accaduto al signor Marcello Cairoli non doveva succedere, non da noi – risponde Lorenzin, pubblicando su Facebook il suo commento – In Italia il pronto soccorso degli ospedali non è e non deve essere l’ultima tappa della vita di un paziente oncologico». Il Direttore sanitario del San Camillo ha chiesto scusa alla famiglia dell’uomo morto. «È impensabile che un paziente muoia dietro una tenda senza che nessuno se ne sia accorto – ha detto Luca Casertano, in un’intervista a Tv2000 – Questa è nostra responsabilità: non siamo stati in grado di trovare un posto letto per questo paziente»

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