mercoledì 21 settembre 2016
Oltre 90 delegati riuniti all’annuale meeting internazionale "Migramed" sui flussi migratori. Grecia, «situazione esplosiva». E la Francia "respinge" in Italia.
Parlano le Caritas di frontiera
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GORIZIA «Sarà un muro verde, con fiori ed alberi, ma sempre muro sarà. Una vergogna», protesta dal confine tra l’Italia e la Slovenia, Lola Schulmann, di Caritas Francia, che davanti ai 90 delegati di Migramed, provenienti da tutta Europa, ha espresso la sua indignazione per il muro di Calais, che porta a più di una dozzina le saracinesche calate sugli itinerari di chi scappa dalle guerre, dalla fame e dalla violenza. Nella 'jungla', come viene chiamata, sopravvivono più di 10 mila disperati, in attesa di scappare in Inghilterra. «In Francia ci si prepara alle presidenziali, continua pertanto lo stato di emergenza, con controlli alle frontiere – racconta Schulmann –. Il governo ha proposto la distribuzione tra i comuni ma i sindaci non ne vogliono sapere. Quindi la nostra grande paura è che queste persone siano deportate in Italia». Ed ecco perché la Caritas e le altre Ong hanno sollecitato Parigi ad evitare questa deriva. «Il problema vero – interviene Oliviero Forti, della Caritas italiana, anima di Migramed – è quello di fissare un sistema di asilo europeo comune tra i diversi Paesi». Ed è ciò che hanno sollecitato anche i portavoce di Grecia, Serbia, Germania, Francia, ma anche Ventimiglia, Como, Bolzano ed Udine, intervenuti per fare il punto ultimo delle rispettive situazioni. Che restano drammatiche, tanto che la stessa Caritas italiana promuoverà, come ha confermato Forti, un corridoio umanitario con l’Etiopia. Maria Alverti, di Caritas Grecia, ha dato conto di una situazione incandescente - «una bomba ad orologeria », l’ha definita. Con le tende dove è impossibile vivere, con temperature a 40 gradi, e dove le alternative più strutturate sono in grave ritardo. Le sole isole sono affollate di 35 mila migranti. La Serbia ne ha 5 mila in accoglienza, come ha spiegato Ziodrag Zivkovich. Nell’ultimo mese c’è stato un aumento di arrivi giornalieri alle frontiere con la Bulgaria e la Macedonia del 120% e una drastica riduzione delle uscite verso l’Ungheria (-73%). Pressione inversa sul confine del Nordest d’Italia, con 5 mila immigrati arrivati dall’Austria - come ha riferito Paolo Zennarolla di Udine - solo nei primi nove mesi di quest’anno. Oggi i 90 delegati verificheranno di persona la situazione in Carinzia (domani in Slovenia). Paolo Valente di Bolzano ha evidenziato che è inutile lamentarsi delle reazioni austriache, quando il vicino paese accoglie ed integra 90 mila profughi, mentre l’Italia ne ospita 120 mila. L’emergenza continua anche sugli altri confini, da Como a Ventimiglia. La situazione è così gravemente variegata che per Marie Tempesta (Caritas Bruxelles), bisogna al più presto sviluppare un sistema comune di asilo fondato sulla solidarietà. «Oggi forse le nostre parrocchie sono un po’ chiuse. Dovremmo aprirci di più e sentirci tutti stranieri, perché tutti siamo di casa per il Signore», aveva sollecitato, aprendo Migramed, l’arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Radaelli. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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