venerdì 22 luglio 2016
Bilancio choc per i primi 6 mesi del 2016: 2.920 vittime. Sul gommone intercettato da Medici senza frontiere 21 donne schiacciate. Centro Astalli e Migrantes: corridoi umanitari. Profughi: 22 cadaveri recuperati, salvi 209
Migranti, «raddoppiati i morti in mare»
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Quando si sono avvicinati al gommone alla deriva hanno visto subito l’orrore: da un lato, ammassati e disperati, i profughi che chiedevano aiuto con le mani alzate, urlando. Dall’altro, sul fondo dell’imbarcazione, le braccia e le gambe scomposte, decine di cadaveri riversi nel carburante. Chissà da quanto, erano lì. Chissà per quanto si sono mescolati, i vivi e i morti, in balia del mare e dell’arsura. uando si sono avvicinati al gommone alla deriva hanno visto subito l’orrore: da un lato, ammassati e disperati, i profughi che chiedevano aiuto con le mani alzate, urlando. Dall’altro, sul fondo dell’imbarcazione, le braccia e le gambe scomposte, decine di cadaveri riversi nel carburante. Chissà da quanto, erano lì. Chissà per quanto si sono mescolati, i vivi e i morti, in balia del mare e dell’arsura.  È toccato ai volontari di Medici senza frontiere e Sos Mediterranée scoprire l’ennesima tragedia di migranti, procedere alla terribile conta. Alla fine del trasbordo, sulla nave di ricerca e soccorso Aquarius i salvati sono 209, i cadaveri 22. E 21 sono donne. Sono loro le più deboli, nelle traversate. Se sono giovani, e gracili, vengono travolte dai vicini negli spostamenti. Se sono ma-late, se hanno subito violenze nella lunga permanenza nei lager libici, soccombono per l’afa e la fame. Se sono madri, nonne, sorelle, fanno scudo col loro corpo ai bambini. Sul gommone soccorso da Aquarius ce n’erano 50, 45 non accompagnati. Chissà quanti hanno perso la donna della loro vita, sotto i piedi. Cosa sia accaduto, una volta raggiunto il largo, i sopravvissuti non l’hanno ancora saputo spiegare: sono quasi tutti sotto choc, e disidratati. Unica consolazione, le due giovani incinte scampate alla morte. Salve, coi loro piccoli stretti in grembo. Quel che è certo, però, e che la dice lunga su come la gestione dei flussi di migranti sia tutto fuor che sotto controllo è che dal primo gennaio le vittime del Mediterraneo sono state 2.920, contro le 1.870 dell’anno scorso: «Il numero dei migranti morti in mare nel tentativo di raggiungere l’Italia cioè – incalza Lorsi De Filippi, presidente di Medici senza frontiere – è raddoppiato». Significa 16 vittime al giorno. Di più: «La nostra esperienza ci ha portato a constatare che sono in aumento le imbarcazioni di fortuna, semplici gommoni con centinaia di persone ammassate a bordo, spinte a partire dalla difficile situazione in Libia». Spinte nel nulla, senza giubbotti di salvataggio, senza scorte, senza carburante. Come dire, le tragedie sono destinate ad aumentare. A meno che non si intervenga alla radice, con un cambio di rotta politico. «È necessario – spiega il Centro Astalli – garantire canali umanitari sicuri a quanti, in fuga da conflitti e persecuzioni, cercano protezione. È l’unica strada percorribile per evitare che trafficanti di esseri umani continuino a mettere in pericolo vite innocenti, lucrando sulla disperazione». Secondo i gesuiti l’Europa «ha il dovere di creare alternative al traffico di esseri umani come canali umanitari e programmi di reinsediamento, al vaglio da tempo sui tavoli istituzionali, mai diventati adeguatamente operativi ». Insomma, soccorrere non basta: bisogna anche prevenire «attraverso ingressi protetti e un’accoglienza dignitosa e organizzata che tenga in considerazione la volontà dei migranti» perché «politiche e misure volte esclusivamente a evitare gli arrivi e chiudere le frontiere sono evidentemente destinate a fallire oltre ad avere un costo altissimo in termini di risorse economiche ma soprattutto di vite umane».  Dello stesso parere don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes: «I corridoi umanitari sono l’unica soluzione possibile e devono uscire dall’estemporaneità di quelli realizzati da Sant’Egidio e Federazione delle chiese evangeliche». Secondo Perego gli strumenti ci sono, le diplomazie sui territori sono preparate, «si potrebbe cominciare dal piano di riallocamento europeo pensato per 160mila migranti e di fatto già fallito.  Quei 160mila potrebbero essere accompagnati dall’Europa in un percorso garantito, sicuro, e la loro distribuzione a quel punto gestita razionalmente in base al sistema delle quote». Qual è il problema allora? «La mancanza di una volontà politica di tutti i Paesi – spiega monsignor Perego –. C’è il timore che una volta arrivati nei Paesi di prima accoglienza i migranti finiscano poi per spostarsi comunque altrove, dove sono indesiderati ». Vince la chiusura, vincono comunque i muri. E il mare, l’unica via di salvezza che resta per l’Europa, continua a inghiottire vittime.
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