giovedì 21 gennaio 2016
Il presidente Gauck apre a limitazioni sugli arrivi. ​L'Austria fissa un tetto annuo. L'Olanda: stabilizzare i flussi. In Italia via libera all'hotspot di Pozzallo.
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Riportare sotto controllo i flussi migratori «entro 6-8 settimane». È la missione che si è data ieri il premier olandese Mark Rutte, dal primo gennaio al timone dell’Unione Europea per sei mesi, un segno di come ormai la crisi migratoria sia diventata una lotta contro il tempo. «Se non dovesse succedere (il freno ai flussi, ndr) – avverte Rutte intervendo alla plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo – dovremo pensare a un “Piano B”, ma per ora dobbiamo cercare di far funzionare quegli strumenti che già abbiamo», dalla ridistribuzione dei richiedenti asilo agli hotspot, all’accordo con la Turchia, fino alle guardie di frontiera Ue. Che il tempo sia agli sgoccioli lo conferma la cronaca, ieri l’Austria ha annunciato un tetto massimo per i richiedenti asilo pari all’1,5% della popolazione, 37.500 quest’anno fino a scendere a 25.000 nel 2019. «Non possiamo accogliere tutti», ha detto il cancelliere Werner Faymann. Nella vicina Germania, il cancelliere Angela Merkel ha ancora una volta rifiutato una richiesta analoga degli alleati bavaresi di destra della Csu e ampie parti del suo partito (la Cdu). «Il governo tedesco – ha detto un suo portavoce a Berlino – continua a favorire una soluzione europea». Solo che a favore di un tetto massimo ieri si è espresso lo stesso presidente tedesco Joachim Gauck, «se non parleranno di limitazioni i democratici, lo faranno populisti e xenofobi». Intanto anche la Macedonia ha chiuso la frontiera con la Grecia per i migranti.  L’allarme è davvero rosso, al centro è anzitutto l’accordo con la Turchia per arginare i flussi, che prevede 3 miliardi di euro per contribuire alle spese per alloggiare sul suo territorio oltre 2 milioni di profughi. «È mia intenzione – ha dichiarato Rutte – lavorare con la Commissione e la Turchia affinché abbia successo l’accordo». Certo, c’è il problema dello stop di Roma (che chiede che tutti e 3 miliardi provengano da fondi Ue, mentre ora è previsto che 2 miliardi li mettano gli Stati). «Stiamo tutti lavorando molto duramente per sbloccare i 3 miliardi per la Turchia», dice Rutte, mentre Ankara ha invitato l’Ue a «mantenere le promesse fatte». È chiaro però che nell’equazione rientra, come ha sottolineato l’olandese, anche la ridistribuzione di 160mila richiedenti asilo da Italia e Grecia, che non funziona. Ieri il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha espresso il timore che il Consiglio Europeo di metà febbraio non basti, ma ieri fonti dello stesso Consiglio facevano sapere che si troverà il tempo necessario. Tiene banco il dibattito sulla riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, dopo le rivelazioni del Financial Times sulla riforma cui sta pensando Bruxelles con l’eliminazione della clausola del «primo paese d’arrivo».  Ieri una portavoce della Commissione ha parlato di «pure illazioni». In realtà il tema è noto da tempo, la stessa Commissione già a settembre ha preannunciato la volontà di proporre una «profonda riforma», che sarà presentata a marzo. Parte cruciale sarà un meccanismo permanente di ridistribuzione in tutta l’Ue dei richiedenti asilo. «Per non rischiare Schengen, dobbiamo modificare Dublino » ha commentato ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Intanto ieri il capo della Polizia, Alessandro Pansa, ha confermato l’entrata in funzione dell’hotspot di Pozzallo, il terzo dopo quelli di Lampedusa e Trapani.
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