martedì 11 agosto 2015
Dall'inizio del 2014, fermati 800 scafisti e 88 capi trafficanti. (V. R. Spagnolo) INTERVISTA Galantino: la Chiesa italiana per il futuro dei profughi cristiani. E sferza i "politici piazzisti" Migranti, il dovere della Chiesa e quello dei media (G. Albanese)
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La maggior parte, 800, è composta da manovalanza, uomini con pochi scrupoli piazzati al timone di un barcone con un telefono satellitare e un bastone in mano per minacciare i migranti. Ma ci sono anche 80 fra basisti e trafficanti (in media quasi il 10%) fra gli 888 arrestati dalla Polizia fra il 1° gennaio del 2014 e il 7 agosto di quest’anno per reati legati allo sfruttamento dei flussi migratori. I dati – che  Avvenire ha potuto visionare – tracciano un bilancio attuale degli arresti eseguiti da tutte le squadre mobili italiane in inchieste coordinate da diverse procure (fra cui spiccano Catania e Palermo). Gli arrestati sono divisi per nazionalità: il gruppo più folto è dell’Egitto (279), seguono tunisini (182), cittadini di Senegal (77) e Gambia (74), siriani (41), eritrei (39), marocchini (29), nigeriani (24) e libici (22). Meno frequenti gli arresti di turchi (6) o greci (3). A scorrere le singole indagini, fra gli indagati di rilievo spicca un 29enne di Asmara, Measho Tesfamariam, accusato dalla procura di Catania nell’inchiesta 'Tokhla' di aver contribuito all’organizzazione di 23 viaggi. A ciascun migrante, possono esser chiesti anche 2mila dollari per l’imbarco e se lo scafo ne contiene centinaia può fruttare anche un milione. E si tenga conto che, dal 2014, in Italia sono giunti via mare circa 270mila migranti. I boss latitanti. Fra gli 888 arrestati non figurano alcuni presunti boss, identificati dalla Polizia e tuttora ricercati a livello internazionale. In cima alla lista c’è l’etiope Ermias Gharmiay, accusato fra l’altro di essere fra gli organizzatori del barcone naufragato il 3 ottobre 2013 a Lampedusa, con 366 vittime. Il suo identikit è stato pubblicato dalla stampa britannica, che ipotizza che abbia accumulato 70 milioni di dollari. Molte sue conversazioni, intercettate, rivelano astuzia e cinismo. Originario di Addis Abeba, 40 anni circa, al cellulare alterna arabo, inglese, francese e italiano, oltre al dialetto tigrino. Ha una moglie in Germania ma opera dalla Libia, facendo la spola fra Tripoli e le coste di Zuwarah e Garabulli, da dove partono i barconi. Nelle inchieste ricorre anche il nome di John Mahray, attivo in Sudan dove organizza carovane di migranti. «Gli strumenti investigativi per localizzarli ci sono – ragiona il dirigente della II sezione del Servizio centrale operativo, Vincenzo Nicolì – . Ma il problema è soprattutto per quelli che operano dalla Libia, dove in questo momento non esiste un referente affidabile a livello di magistratura e forze di polizia». L’ascesa dei rais libici. «C’è un accresciuto interesse dei miliziani libici nel business dei barconi, che potrebbe rimodulare i rap- porti di forza con i gruppi di eritrei, etiopi, tunisini o egiziani – osserva Nicolì –, che in alcuni casi hanno fatto piccoli passi indietro, per non urtare i partner locali, rinunciando a una parte dei guadagni». Il pericolo di link col terrorismo cresce? «Non ci sono riscontri diretti. Ma, se a occuparsi dei traffici dovesse arrivare qualche milizia 'vicina' all’Is, allora parte degli introiti potrebbero servire a comprare armi per quei gruppi». Indagini congiunte su Egitto e Turchia. Sulla tratta, si tengono frequenti riunioni negli uffici di Eurojust a L’Aja. Intanto da Roma la Polizia ha stretto collaborazioni sulle altre sponde del Mediterraneo: «Con Egitto, Tunisia, Marocco e Turchia, lo scambio investigativo è costante» confermano allo Sco, diretto da Renato Cortese, e «sono venuti in Italia agenti egiziani e presto ne verranno altri». Anche per questo, «gli sbarchi da quei fronti sono tornati a livelli di sopportabilità. Ma abbiamo segnalato come gruppi di siriani preferiscano, alla rotta turca via mare, quella terrestre attraverso i Balcani». A smistarli sono quegli organizzatori che avevano mandato una dozzina di navi stracariche di migranti, senza nocchieri, verso l’Italia? «In qualche caso sì», si limitano a dire i poliziotti dello Sco. Fedeli al riserbo investigativo, non fanno nomi, ma forse il cerchio delle indagini si sta stringendo.
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