lunedì 28 marzo 2016
In Italia il 40% dei minori dopo la separazione dei genitori non vede più il padre. Secondo le associazioni sono 1,5 milioni di vittime.
Affido condiviso:  troppi bimbi sottratti ai padri
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L'opportunità di intervenire su una legge non dovrebbe essere determinata solo dai numeri. Ma, quando le carenze della norma sono palesi e riconosciute in modo bipartisan, il fatto che queste ingiustizie si ripercuotano su un gran numero di persone dovrebbe convincere il legislatore a valutare la possibilità di un intervento. Invece, mentre si intrecciano le proposte per la riforma della legge sulle adozioni (184 del 1983), tutto tace per quanto riguarda un’altra norma, quella sull’affido condiviso. I numeri dell’adozione sono stati ricordati tante volte in queste settimane. Ogni anno in Italia vengono adottati circa mille minori con l’adozione nazionale. Poco meno di duemila con quella internazionale. Per ogni bambino che arriva in una nuova famiglia, ci sono circa dieci coppie disponibili. Tutt’altra rilevanza per le cifre sull’affido condiviso. I genitori separati in Italia sono circa 4 milioni, quelli che hanno "beneficiato" dell’affido condiviso 2,4 milioni. E poi ci sono i figli. Secondo le stime delle associazioni di separati dovrebbero superare quota 1,5 milioni solo nell’ultimo decennio. Basta così? No, sarebbe miope dimenticare che in questi drammi familiari allargati i nonni diventano vittime in modo altrettanto pesante. E forse il loro ruolo, come quello di tutti coloro che non hanno opportunità di far sentire la propria voce, finisce per risultare ancora più scomodo perché causa di una sofferenza impotente e marginalizzata. Quanti sono i "nonni della separazione"? Almeno 4-5 milioni. Insomma, non si è troppo lontano dalla realtà ipotizzando che le ingiustizie determinate dall’affido condiviso coinvolgano quasi otto milioni di persone. Eppure, come detto, per la legge 54 non c’è in vista alcuna nessuna concreta proposta di riforma. Meno datata di quella sulle adozioni – è stata approvata esattamente dieci anni fa, nel marzo 2006 – ma senz’altro più fallimentare, se è vero che non ha spostato di una virgola l’atteggiamento dei giudici per garantire l’impegno educativo dei genitori dopo separazioni e divorzi. Forse anche perché, a differenza della legge sulle adozioni – riformata almeno in tre occasioni, l’ultima pochi mesi fa – quella sull’affido condiviso non ha subito nel frattempo alcun ritocco. Risultato? Prima dell’approvazione della legge 54, l’affido dei minori veniva deciso nel 93% dei casi in favore della mamma. Oggi il genitore "collocatario" rimane 9 volte su 10 sempre lei. E la maggior parte dei padri separati continuano a lottare, lanciare appelli, presentare ricorsi e spendere una fortuna in pratiche legali per veder garantito un diritto che dovrebbe essere assicurato dalla legge. Quando questo non succede, si arriva non di rado a gesti estremi. Inutile ricordare l’elenco tragico e sempre più folto di padri che non reggono alla sofferenza della separazione e, soprattutto, al distacco forzato dai figli. La necessità di intervenire sulle legge è stata sollecitata qualche giorno fa anche nell’ambito di un convegno organizzato a Milano dall’Associazione famiglie separate cristiane, presieduta da Ernesto Emanuele, a cui hanno preso parte tra gli altri l’ex senatrice Emanuela Baio, che all’epoca fu relatrice della legge, e Luisa Santolini, già deputato, che nel 2006 come presidente del Forum delle associazioni familiare, condusse una battaglia culturale per l’affermazione della bigenitorialità. Sforzo che – come entrambe hanno riconosciuto con un velo di amarezza – è poi naufragato di fronte all’impermeabilità di certa magistratura e all’impossibilità politica di operare le aggiustature necessarie all’impianto della norma. Una deriva tutta italiana se è vero che l’Europa, a cui spesso facciamo riferimento per modelli tutt’altro che invidiabili, sull’affido condiviso sembrta aver visto giusto. E infatti ha condannato il nostro Paese con la risoluzione del 2 ottobre 2015 e ci ha imposto – proprio per garantire la bigenitorialità – di passare dall’affido "teoricamente" condiviso a quello "materialmente" condiviso. «Nel documento – spiega Vittorio Vezzetti, pediatra e dirigente nell’<+CORSIVOA>International Council of Shared Parenting<+TONDOA>, unico esperto italiano che abbia collaborato al documento – si spiega con chiarezza che i figli di genitori separati vivono meglio se trascorrono tempi più o meno uguali con mamma e papà, tranne nel caso in cui vi siano storie palesi di violenza, abuso o trascuratezza. I minori italiani invece sono trattati spesso in modo contrario ai loro interessi, con gravi conseguenze sociali e sanitarie». Non sono soltanto parole. Le due storie che presentiamo in questa pagine sono la punta di un iceberg che ingrossa giorno dopo giorno, con il suo carico di sofferenze e di ingiustizia. Nell’indifferenza di chi, politica in testa, dovrebbe porvi rimedio.
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