sabato 19 marzo 2016
​Gentiloni: serve una generazione, l'Africa ha grandi chance. Il Cuamm a Freetown.
«La cooperazione riparte ma non fermerà i flussi»
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Dopo la tempesta dell’Ebola, la sanità in Sierra Leone prova a ripartire. E Medici con l’Africa-Cuamm scommette sull’ospedale materno- infantile di Freetown, dove finora un solo ginecologo doveva seguire 5mila parti l’anno in un bacino di utenza da 60mila. È il progetto in memoria di don Luigi Mazzucato, fondatore e motore instancabile dell’ong di cooperazione sanitaria, scomparso a novembre dopo una vita spesa per l’Africa. «Una personalità straordinaria come tutto questo mondo di cooperatori italiani», dice il ministro degli esteri Paolo Gentiloni, partecipando alla presentazione del progetto. «Il rapporto con il Cuamm dura da oltre 30 anni – sottolinea – e questa sfida a Freetown sarà sostenuta anche dalla cooperazione italiana». Gentiloni affronta il legame migrazioni- cooperazione: «Negli ultimi due mesi e mezzo, anche per la scelta della rotta balcanica da parte di siriani, afghani e bengalesi - i tre quarti dei migranti sono arrivati dagli stati dell’Africa occidentale come il Gambia. Chi dice 'aiutiamoli a casa loro' dice una cosa ovvia e sacrosanta, ma usata come arma contundente, per non aiutarli quando arrivano via mare, è sospetta e poco convincente». Comunque «la cooperazione che facciamo non avrà risultati immediati sui flussi, togliamoci dalla testa questa illusione. Non ci sarà una soluzione a breve, ci vorrà una generazione. E nel frattempo è fondamentale il lavoro delle ong con il contributo della cooperazione italiana». L’attenzione dell’Italia c’è: la visita del premier Renzi a inizio febbraio, la terza, quella in corso del presidente Sergio Mattarella, poi «il 18 e 19 maggio prossimi – annuncia Gentiloni – la conferenza a Roma con tutti i ministri degli esteri africani». Segnali che si accompagnano all’avvio della neonata Agenzia italiana per la cooperazione internazionale e al raddoppio entro il triennio 20162018 nel Def (il documento di programmazione economica) dei fondi dell’Aps, l’aiuto pubblico allo sviluppo, «pur sapendo che è molto basso» visto che «raggiungeremo la percentuale del Pil dei paesi meno virtuosi». Il momento è cruciale: «Trenta anni fa l’Africa era il continente perduto, tra aids, povertà, corruzione. Oggi – dice Gentiloni – è un continente in bilico, dove si alternano cose positive, come lo sviluppo della piccola e media agricoltura, l’emancipazione femminile, il miglioramento dei dati sulla mortalità infantile e crescita del pil, assieme a guerre, terrorismo, corruzione, cambiamenti climatici che provocano flussi migratori».  Medici con l’Africa-Cuamm (l’antica sigla del 'Collegio universitario aspiranti e medici missionari' di Padova) è da 65 anni in Africa, dov’è intervenuto in 40 paesi con 157 programmi, inviando oltre 1.500 persone. Oggi è in Angola, Etiopia, Sud Sudan, Uganda, Tanzania, Mozambico e Sierra Leone. Qui, nella capitale, sta sostenendo il Princess Christian Maternity Hospital con l’invio di tre ginecologi e un tecnico e un piano di gestione e formazione. Nel 2014 i ricoveri sono stati 9mila, i parti 5mila di cui 1.329 cesarei. Solo a novembre 11 morti materne. «A Padova i parti sono 4 mila l’anno – è il paragone di don Dante Carraro – assistiti da 50 tra ginecologi e ostetrici». Il direttore della ong, successore di don Mazzucato, si arrabbia con chi dice che «è inutile spendere per l’Africa perché tanto non cambia nulla»: «Non è vero, sono cambiate tante cose per tante mamme e bambini. La cooperazione, se fatta bene, è azione di cambiamento positivo». All’incontro Chiara Scannagatta, medico cooperante in Sud Sudan, ricorda che «nonostante le difficoltà don Luigi sorrideva sempre, perché diceva 'alla fine ne vale sempre la pena'». Il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella condivide un ricordo personale di don Mazzuccato: «Un prete secco come un chiodo, con le pile che non si scaricavano mai. Possedeva pochi vestiti, una valigia e qualche libro, eppure pochi hanno lasciato un’eredità così ricca».
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