martedì 17 giugno 2014
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​«Guarda, qualunque cosa succeda, occupatene tu». È la frase che, secondo una ricerca svolta dalle Acli, le badanti si sentono rivolgere più spesso ed esemplifica bene il ruolo che queste lavoratrici, per lo più straniere, stanno assumendo con sempre maggiore intensità accanto ai nostri anziani e malati. «Occupatene tu», assieme uno scarico di responsabilità e una disperata richiesta di aiuto, la certificazione della mancanza di alternative tra famiglie divenute mononucleari e un welfare pubblico strutturalmente deficitario.Secondo i dati Inps, le lavoratrici e i lavoratori domestici regolarmente assunti sono poco meno che raddoppiati dai 537mila del 2003 ai 993mila del 2012 (186mila sono italiani), ai quali andrebbero sommati quasi altrettanti lavoratori “in nero”. Il quadro che emerge dalla ricerca – promossa da Acli colf e patronato, realizzata dall’Iref intervistando 837 lavoratrici – rappresenta uno spaccato significativo del nostro Paese che sta invecchiando e che ha trovato nelle badanti – il 64% dell’Est europa, il 14% sudamericane, 7% asiatiche, 9% africane, 5% italiane – il suo sistema di sopravvivenza. Il lavoro di queste donne (anche se non mancano gli uomini, 6% nel campione Acli, 12% per l’Istat) ha ritmi decisamente sostenuti: in media 9 ore al giorno per sei giorni la settimana, con casi di sette giorni su sette (11,8%) e un 64,6% che lavora per un numero di ore superiore al massimo previsto dal contratto nazionale (54 ore settimanali). Per contro, lo stipendio è scarso: in media 800 euro al mese, risultato di una retribuzione oraria di 4 euro (valore mediano). Una cifra che, in caso di coabitazione, può essere considerata relativamente soddisfacente, mentre se la lavoratrice abita per conto proprio può essere insufficiente. Importante notare come un’analoga indagine realizzata nel 2007 aveva evidenziato una mediana della retribuzione mensile di 850 euro: in sette anni le badanti hanno quindi perso 50 euro al mese e la crisi porta le famiglie a chiedere alle badanti sempre più lavoro a un costo minore. Ma sono soprattutto le mansioni a cui sono adibite queste donne a dare uno spaccato significativo della situazione italiana. Le badanti intervistate, infatti, assistono per lo più persone non autosufficienti dal punto di vista fisico e mentale (42,4%): solo il 19,1% lavora per persone completamente autosufficienti. E il 60% di queste lavoratrici lo fa completamente da sola, senza altri supporti. Oltre ai compiti di base come lavare, aiutare la persona assistita nelle funzioni corporali, tenere in ordine la casa, stirare e cucinare, la metà si occupa anche di pagare le bollette, andare dal medico, controllare la scadenza di alimenti e farmaci. Soprattutto, l’86% delle badanti svolge anche compiti di tipo para-infermieristico come somministrare medicinali, misurare temperatura, pressione e glicemia, fare iniezioni e medicazioni. Insomma, un esercito di badanti, factotum, infermieri. In una parola: un welfare fai-da-te, senza che lo Stato riconosca alla famiglie una parte significativa dei costi sostenuti. «Occorrono politiche di sostegno al reddito – chiede Gianni Bottalico, presidente Acli –. Almeno l’intera detraibilità del costo del lavoro di cura, contribuendo così anche all’emersione dal nero».
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