martedì 8 novembre 2011
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Joaquim studia Filosofia. A 21 anni gli mancano tre esami. Anche Luca Fabbri, 23 anni, è prossimo alla laurea in Ingegneria meccanica. Entrambi sono corsi nel quartiere Marassi per dare una mano. Ci rimetteranno i jeans, ormai inservibili, e le scarpe da ginnastica: «Impossibile ormai trovare stivali». Pragmatico il futuro ingegnere, appassionato il laureando con tesi su «Filosofia e relativismo». Nessuno dei due si dice motivato da qualche fede religiosa o politica. Semplicemente «era nostro dovere morale di cittadini essere qui, ed esserci da genovesi». Quanto agli “angeli del fango”, loro si dicono «per niente sorpresi, anche se certi pregiudizi degli adulti sull’universo giovanile non sono del tutto campati per aria». Se per Luca questa tragedia insegna che «l’uomo deve rispettare la natura e costruire laddove si può e secondo criteri di sicurezza», per Joaquim è la risposta all’alluvione che sta insegnando qualcosa. «Nelle nostre società, dove forti sono le divisioni e i contrasti, un dramma come questo sta insegnando a noi per primi che l’unione tra persone è più forte di qualsiasi catastrofe, e che una popolazione unita è una popolazione che può rinascere». Un messaggio, concordano tutti e due, «che non vale solo per Genova: la risposta dei giovani, semplice ed efficace, prova che anche l’Italia può rinascere a partire da quella generazione sbrigativamente dipinta come apatica e disinteressata. Qui è con i fatti che stiamo spiegando che non è così».
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