martedì 27 gennaio 2015
​Libia e Algeria snodi-chiave del traffico di uomini gestito dalle mafie e dall'Is. Dal Nord Africa alla Sicilia, ecco come cambiano le strategie dei mercanti di morte.
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Prima erano le autorità a controllare la costa e impedire le partenze. Almeno formalmente. Adesso è ufficiale: sono i trafficanti a gestire e controllare le nuove rotte che, dal Nord Africa, arrivano sul continente. «Gli immigrati vengono da tutto il mondo con l’appoggio delle bande criminali, le frontiere sono spalancate, niente controllo personale e sanitario. Tutti: terroristi, delinquenti... molti di loro comprano ancora la cittadinanza libica e rimangono in Libia, gli altri partono per l’Europa pagando una cifra che oscilla da 1.500 a 3.000 dollari a persona» spiega una fonte dalla Cirenaica, roccaforte dello Stato Islamico in Libia. Un business, quello dell’immigrazione, che arricchisce tutti. Anche le ramificazioni islamiste del-l’Is. L’ultimo allarme è proprio questo, confermato dal ministro Ali Tarhouni, presidente dell’assemblea costituente della Libia: la cellula di Al Baghdadi, insediato a Derna da mesi, starebbe avanzando verso Benghasi e le coste ovest, fino Sabrata, Zuara e Zawiya, i porti da cui salpano gran parte dei barconi diretti a Lampedusa, Malta e Sicilia. Come gli ultimi due, uno soccorso da Malta con a bordo 87 persone, l’altro intercettato giovedì dalla Guardia Costiera italiana. La Libia, dopo l’agosto 2011 e la caduta di Gheddafi, non solo è nel caos politico, ma è più che mai il terminal incontrollato delle tre rotte migratorie africane e crocevia degli interessi di organizzazioni criminali. La via occidentale è il percorso per chi proviene da Mali, Gambia e Senegal, attraversa l’Algeria e giunge in Libia o Marocco. Un percorso che si sovrappone a quello centrale, sul quale convergono i migranti da Niger, Nigeria e Ghana, lo stesso sul quale transitano i flussi di droga e la tratta delle donne destinate dal mercato della prostituzione in Europa, gestito dalla potente mafia nigeriana. Quella ad oriente, che attraversa l’Egitto, è la via per chi lascia Somalia, Eritrea, Sudane Darfour. Secondo gli ultimi dati di Frontex, sono 170mila gli irregolari arrivati in Italia nel 2014, soprattutto dai porti libici. 50.561 quelli dalle coste egiziane e dall’area greco- orientale. Sono 7.285 quelli con destinazione la penisola iberica. Una folla di disperati che non solo paga i trafficanti per il viaggio via terra, ma arricchisce anche chi si è specializzato nell’organizzare la traversata in mare. E la Libia è il fronte più ricco, e i migranti che arrivano sono spesso i più poveri. Dai container, con cui sono trasportati attraverso il deserto, vengono concentrati nei centri di raccolta, in balia dei trafficanti e in attesa di proseguire. Altre volte il rischio è quello di essere catturati e rinchiusi negli stessi centri di detenzione. Per uscire si paga, e spesso si lavora in semi schiavitù nelle grandi aziende agricole per recuperare i soldi per il viaggio in mare. Spesso si viene catturati di nuovo. Un meccanismo che si autoalimenta senza alcun controllo. L’allarme lanciato dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sul rischio infiltrazioni terroristiche attraverso gli sbarchi e l’inasprimento delle misure in materia di sicurezza sono al centro di provvedimenti allo studio nei Paesi vicini alla Libia e che, come la Libia, si trovano a vivere una forte ondata migratoria. Come l’Algeria, Paese di transito per chi dai Paesi subsahariani raggiunge il Marocco e poi le enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, interessata dalla massiccia presenza di migranti da Mali e Niger. Chi possiede un passaporto maliano non ha bisogno di un visto per entrare in Algeria o in Niger e spesso tutti gli altri migranti se ne procurano uno falso. Il Mali del nord è ancora il regno delle mafie e dei contrabbandieri di droga, armi e uomini, nonostante l’operazione Onu Serval del 2013 e il massiccio impegno francese sull’area: le vie per raggiungere le coste mediterranee, per i traffici dei gruppi islamisti, si sono forse frammentate ma non indebolite. Per chi attraversa il Niger, è Agadez l’ultima città prima del deserto, uno snodo da 3mila migranti a settimana gestito dalle tribù locali. Ad Algeri sono aumentati anche quei profughi in attesa dell’imbarcazione che dalla Libia li condurrà in Europa. Il governo algerino ha deciso restrizioni nella concessione e nel rinnovo dei permessi anche a marocchini e tunisini e da poco tempo ha dovuto affrontare l’esperienza dei centri di accoglienza e dei programmi di rimpatrio volontario in Niger. Sabato invece la polizia spagnola ha arrestato a Ceuta quattro sospetti, accusati di aver formato una cellula terroristica pronta ad azioni violente. Secondo il ministro Jorge Fernandez Diaz, ci sarebbero punti in comune tra gli autori dell’attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo e i quattro arrestati. Due coppie di fratelli erano «molto radicalizzati, pronti a eseguire un attacco e – secondo la polizia – a farsi saltare in aria». Il passaggio dal Marocco alla Spagna riguarda 30mila persone al giorno, merci e mezzi. L’anno scorso in 16mila hanno tentato di superare il sistema di tre barriere protette da filo spinato e lame, quasi sempre ferendosi o venendo picchiati dalla polizia marocchina. Solo in 3.500 hanno raggiunto i centri di accoglienza oltre la barriera. Sul fronte orientale invece l’Egitto è il punto di raccolta dei flussi da Somalia, Eritrea, Etiopia. Si entra e attraversa il Sudan. A nord est della capitale Khartoum, a Omdurman, al mercato locale le bande criminali organizzano i viaggi verso Al Kufrah, in Libia, oppure verso il confine egiziano. Alessandria di Egitto è il porto da cui, prima del rafforzamento della via turca, salpava la maggioranza dei siriani, un tempo protetti dal governo di Mohanmed Morsi. Rientrato almeno in parte il fenomeno dei sequestri di eritrei sul Sinai ad opera delle tribù beduine, l’Egitto, oltre ad aver rafforzato i controlli sul confine libico e ristretto le politiche sui visti, continua ad arrestare e trattenere i migranti irregolari nelle carceri comuni, 58 in tutto il Paese. Ma il fenomeno più rilevante è il mercato degli scafisti, anche minori, assoldati tra le famiglie di pescatori più povere. I trafficanti hanno ormai basi transnazionali.
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