giovedì 11 febbraio 2016
I progetti nati dalle Terre di don Diana. Franceschini: riscatto, occasione di sviluppo.
Il rilancio del Sud? Parte dai beni confiscati
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«Tonino, tu mi proponi 500 euro al mese per una borsa lavoro, ma io in una notte, rubando un auto ne intasco 1.600». Così spiegava anni fa un giovane casertano, entrato in un percorso di rieducazione. Ad ascoltarlo l’educatore Tonino De Rosa. Un colloquio che la dice lunga sulle difficoltà per una vera e efficace lotta alla criminalità organizzata. Tonino l’ha raccontato ieri, aggiungendo una riflessione: «Quando togliamo una pistola dalle mani di un ragazzo cosa gli offriamo in cambio? Dobbiamo offrirgli una nuova prospettiva di vita che parte dal lavoro». È quello che sta facendo il progetto di sviluppo locale LaRes (Rete di economia sociale), nato dalla collaborazione di tante belle realtà che operano sui beni confiscati nelle 'Terre di don Peppe Diana' e sostenuto con 890mila euro dalla Fondazione con il Sud. Un’iniziativa che coinvolge paesi come Casal di Principe, San Cipriamo d’Aversa, Castel Volturno, Sessa Aurunca, e che «vuole promuovere un’economia alternativa alla camorra», ha spiegato Tonino, coordinatore del progetto, in occasione della presentazione a Roma. Tre le filiere di economia sociale nate nell’ambito del progetto: agroalimentare, comunicazione sociale, turismo responsabile. Alle quali si è poi aggiunta quella su energia e rifiuti. Tutte realizzate sui beni 'riconquistati' ai clan. Una scelta altamente simbolica. Infatti in provincia di Caserta ci sono più di 500 beni confiscati alla camorra. Attualmente solo sul 7% di questi ci sono iniziative che danno lavoro a più di 100 persone, ma ora si punta ad arrivare almeno a mille. Un progetto che ieri ha incassato il sostegno del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. «Stiamo lavorando per sostenere questa bellissima storia di riscatto che è anche occasione di sviluppo – annuncia –. È un pezzo della battaglia che tanti cittadini hanno combattuto per riappropriarsi del proprio nome di 'casalesi'». Ma il progetto, aggiunge il ministro, «è valido per tutto il Mezzogiorno: valere per quello che si ha e capacità di fare rete. Sono la certe che il Sud si deve giocare. E vi assicuro – insiste parlando ai promotori – che lo Stato vi sarà vicino». Come detto il progetto che coinvolge cooperative e associazioni del territorio, viaggia su tre filiere. La prima intende valorizzare la vocazione agricola e enogastronomica del ter- ritorio ma anche favorendo il reinserimento lavorativo di persone svantaggiate, con prodotti proveniente dai terreni confiscati del circuito Nco (Nuova cooperazione organizzata), venduti in Italia e all’estero anche attraverso l’ormai famoso 'Pacco alla camorra'. Una filiera da record, come il primo centro di trasformazione di prodotti biologici in un bene confiscato a Sessa Aurunca, dove vengono anche produttori esterni al progetto. La seconda filiera riguarda il turismo responsabile, «portando migliaia di persone a vedere le 'Terre di don Peppe Diana' – spiega Gianni Solino, responsabile del progetto –, non i luoghi della camorra ma quelli liberati e restituiti ai cittadini, luoghi di preatiche di impegno civile». Infine la filiera della comunicazione sociale, per far conoscere queste realtà e dare alla rete la possibilità di espandersi. E tra poco si aggiungerà la filiera dell’energia e dei rifiuti, proprio in queste terre che tanto sono state devastate dai 'veleni'. «La scommessa – sottolinea il presidente della Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo – è stata partire dal sociale e dalla legalità per fare un perrcorso di sviluppo economico. In molte parti del Sud o si fa così o non si va da nessuna parte. Ed è anche l’unica risposta per contrastare il fenomeno delle violenza minorile di cui tanto si parla in questi giorni». «È stata la nostra start up ma non finisce qua – dice Valerio Taglione, responsabile del Comitato don Peppe Diana, capofila del progetto –. Abbiamo così raccolto il testimone di don Peppe, prima facendo memoria e poi con un percorso di impegno». Ma la strada non sarà facile. «Abbiamo creato un’economia di relazioni – aggiunge Valerio –, in un territorio che è vissuto delle relazioni malsane. Ora dobbiamo stare molto attenti perché quel mondo si sta facendo nuovamente sentire. Noi continueremo a lottare per il nostro popolo e speriamo di avere tutte le istituzioni con noi».
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