giovedì 7 maggio 2015
Filippeschi (Legautonomie): comuni penalizzati da tagli a uffici e distribuzione. Il progetto di ristrutturazione varato dal cda avrà conseguenze negative sul territorio. (TUTTE LE PUNTATE DELL'INCHIESTA)
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«Ci sarebbero enormi disagi, soprattutto per i piccoli comuni, e la lesione di diritti fondamentali dei cittadini». Marco Filippeschi, sindaco di Pisa e presidente di Legautonomie, boccia così il piano di riassetto di Poste Italiane che prevede, tra le altre cose, una netta riduzione della presenza sul territorio e una distribuzione a giorni alterni della corrispondenza. Perché non vi convince il piano strategico di Poste?Il piano di Poste, che si concretizza nella chiusura di 455 uffici postali e la consegna della corrispondenza a giorni alterni per oltre 5 mila centri, se attuato pregiudicherebbe i diritti di milioni di cittadini, soprattutto quelli residenti nei piccoli comuni e nelle aree interne, già penalizzati dalla marginalità economica e dal digital divide, e ne danneggerebbe inoltre le attività economiche. Poi, in molti Comuni sono stati stipulati accordi tra Enti locali e Poste Italiane per recapitare ai cittadini informazioni su servizi socio-sanitari e altro; il recapito della posta a giorni alterni influirebbe dunque anche su questi tipi di servizi. Poste Italiane non ha ancora chiarito quali sono le eventuali modalità alternative di garanzia del servizio per realizzare economie di gestione e abbattimento dei costi nella piena tutela dell’accessibilità al servizio. Avrete avuto delle comunicazioni... In realtà si procede con tavoli regionali e comune per comune, si hanno delle liste, ma dai recenti tavoli che si sono tenuti il mese scorso tra enti locali e Poste non si è avuta alcuna garanzia di poter modificare il piano in questione. Sebbene sia una società per azioni di diritto privato, Poste italiane è affidataria della cura di rilevanti interessi pubblici ed è tuttora qualificabile come soggetto sostanzialmente pubblico, la cui attività è soggetta ad obblighi di servizio non comprimibili senza creare gravi condizioni di disparità tra i cittadini e minare la coesione sociale. Poste Italiane ha però diffuso i risultati di un sondaggio secondo cui il 75% degli utenti è favorevole a ricevere la corrispondenza a giorni alterni. Come lo spiega? Non ho visto questo sondaggio, né quali siano i territori coinvolti in questo sondaggio. Ma credo sia importante lavorare insieme affinché sia garantito un servizio universale, con una valenza soprattutto sociale. Qui si tratta di fare le scelti migliori per non mettere in crisi comuni e territori già in difficoltà, per esempio i comuni montani o comunque marginali. Occorre avere il piano industriale completo, con l’elenco dei comuni che saranno interessati dalla chiusura degli uffici postali, conoscere tutte le misure alternative previste da Poste Italiane. Ad esempio, sulla formula della consegna a giorni alterni, capire se sarà su base settimanale o su base bisettimanale, perché in questa seconda ipotesi i cittadini resterebbero senza servizio fino a 3 giorni, o l’alternanza con i centri vicini, in modo che nel territorio vi sia comunque una garanzia del servizio, fornito magari nel paese vicino. Non ci devono essere punti nebulosi né chiusure da parte di Poste Italiane, la concertazione con i Comuni è fondamentale, non è possibile una strada a senso unico da questo punto di vista. Al tempo di internet, il servizio universale è ancora un segno della presenza dello Stato sul territorio? Ci sono servizi che non possono essere garantiti solo via internet, in più il nostro è un Paese caratterizzato da un profondo digital divide, che interessa territori e cittadini. All’Agcom, che ha fatto una consultazione pubblica ad aprile, abbiamo sottolineato, tra le altre cose, che è proprio nelle zone meno densamente popolate e disagiate per motivi infrastrutturali e geografici che vive la popolazione più anziana: qui, la sostituzione dei messaggi fisici con messaggi virtuali, non è così semplice da realizzare. Occorre condurre un’indagine più accurata circa i bisogni e le potenzialità di quel 25% di popolazione che dovrebbe avere il servizio a giorni alterni. Il piano dell’amministratore delegato Caio prevede centinaia di chiusure e di razionalizzazioni degli uffici postali: avete avuto modo di verificare che sia rispettata realmente la legge che impone di assicurare il servizio universale nei territori che abbiano una certa densità di popolazione? La Consulta nazionale dei piccoli comuni ha evidenziato in un documento come i più colpiti dal piano di riordino degli uffici postali sono ancora una volta i piccoli e medi comuni. Territori che per motivi geografici o infrastrutturali, o ad esempio colpiti da calamità naturali – penso ai territori colpiti dai terremoti del 2012 – si trovano già oggi a dover convivere con difficoltà strutturali: per forza di cose vedranno peggiorare i loro servizi. Se un piano di riordino è necessario allora che si proceda con raziocinio, condividendolo con gli amministratori, ascoltando le richieste e le problematiche territoriali, perché i sindaci possano continuare a garantire servizi universali fondamentali ai loro cittadini. L’Agcom ha evidenziato molte criticità al piano, e ha parlato di prevedere a carico di Poste Italiane obblighi informativi specifici, articolati con riferimento alle fasi attuative, con riguardo ai risparmi di costo attesi e i relativi tempi di realizzazione, nonché con riguardo ai risultati in termini di ottimizzazione delle risorse e della gestione della rete di recapito. Crede che il problema si possa risolvere aumentando il contributo pubblico a Poste Italiane, che la legge di stabilità ha ridotto? L’Assemblea ordinaria degli azionisti di Poste Italiane Spa si è riunita il 28 aprile, ha approvato il bilancio di esercizio al 31 dicembre 2014 ed ha deliberato il pagamento di un dividendo pari a 250 milioni di euro. Il risparmio amministrato da Poste Italiane è salito a 459 miliardi di euro. Insomma, parliamo di un colosso della finanza. La parziale privatizzazione di Poste Italiane è una soluzione o un ulteriore problema? Poste Italiane è già un soggetto di diritto privato a controllo pubblico e non è all’ordine del giorno la cessione del controllo a partner privati, visti i risultati ricordati prima. Al di là questo, quello che conta è l’obbligo di servizio e l’universalità di accesso per tutti i cittadini. 
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