mercoledì 27 gennaio 2016
La denuncia della Caritas di Agrigento: «​Vengono abbandonati nelle stazioni dell’entroterra, pur sapendo che non potranno prendere il treno» per tornare volontariamente in patria.
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Abbandonati a se stessi, in piena campagna, senza poter raggiungere i luoghi dove far valere la loro richiesta di accoglienza e di asilo. È quanto avviene ai migranti che raggiungono la terraferma agrigentina con già in tasca un provvedimento di respingimento a cui adempiere in sette giorni. La denuncia parte dalla Caritas diocesana che ha aiutato un gruppo di uomini arrivati sulle coste di Lampedusa, in seguito trasferiti a Porto Empedocle e ritrovati, poi, lungo i binari della stazione di Aragona Caldare, nell’entroterra, mentre cercavano di raggiungere Agrigento per presentare alla prefettura le loro domande di protezione.  La denuncia, accompagnata da un appello, è stata messa nero su bianco in una lettera firmata dal direttore della Caritas diocesana Valerio Landri e recapitata alle istituzioni locali. «Si è ormai definita la prassi di accompagnare i migranti presso stazioni dei treni o dei bus perché adempiano volontariamente all’invito a ritornarsene in patria entro il termine di una settimana. Si eseguono così disposizioni che neanche la legge più fredda prevede». «Ci si muove entro i limiti consentiti dalla legge ed è a questa che ci rifacciamo di fronte ad ogni decisione – dice il questore di Agrigento, Mario Finocchiaro – e, in questo senso, lasciarli alla stazione è il modo più semplice e diretto perché trovino modo di adempiere alle prescrizioni dovute in base a ciascun singolo caso. Al di là poi dell’episodio in questione, non è mai certo mancato da parte nostra il dare indicazioni su come muoversi per ottenere un eventuale permesso ed offrire tutte le indicazioni non solo richieste, ma, a nostro avviso, necessarie».  «Dove sta l’opportunità e quali sono le motivazioni che spingono le istituzioni ad abbandonarli nelle stazioni dell’entroterra pur sapendo perfettamente che non sarà loro possibile prendere il treno senza un biglietto che certamente non potranno acquistare? – gli fa eco Landri – È poi verosimile che, dopo aver attraversato deserto, violenze di ogni tipo e aver rischiato la morte, i migranti decidano di rientrare volontariamente nei loro Paesi di origine? Con quali soldi? Sono ormai centinaia le persone transitate dalla nostra provincia, respinte e ormai senza diritti. Della legge stiamo discutendo con gli organi competenti – aggiunge –, ma una cosa è certa: ci sono modi più 'umani' e dignitosi di applicarla». Il direttore della Caritas di Agrigento, nell’appello alle  istituzioni locali, ribadisce con forza l’assoluta necessità di «rivedere questa prassi di abbandono e attivarsi per una presa in carico integrale di quanti continueranno a sbarcare sulle nostre coste». L’abbandono a se stessi aprirebbe, poi, questioni che rischiano di diventare spinose. Ci sarebbe, infatti, un «rischio sempre più concreto: tanti si sono affidati a trafficanti locali per proseguire il loro viaggio – aggiunge Landri – e la criminalità organizzata potrebbe farne nuove vittime o, addirittura,  trovare nuove leve».  Intanto dei migranti in questione si è fatta carico la Caritas diocesana e, ancora una volta, le parrocchie agrigentine si sono trasformate in casa e riparo. A San Vito l’intera comunità guidata da don Rino Lauricella ha risposto concretamente alla fame, alla sete, al freddo, alla desolazione di chi arriva da lontano.
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