mercoledì 16 settembre 2015
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Il giorno dopo il misero risultato della riunione dei ministri dell’Interno dell’Ue, l’Europa cerca di trovare un nuovo slancio, preparando una settimana, la prossima, davvero di fuoco. Prima un nuovo consiglio straordinario dei ministri dell’Interno annunciato dalla presidenza lussemburghese dell’Ue per martedì, poi, probabilmente, un vertice straordinario dei leader. Un summit che dovrebbe essere annunciato domani dal presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, e che ieri è stato chiesto ieri a gran voce dal cancelliere tedesco Angela Merkel, allarmata dalla spaccatura consumatasi lunedì tra la vasta maggioranza dei ministri e i rappresentanti di Slovacchia, Repubblica Ceca e Lettonia. Richiesta cui si sono associati il cancelliere austriaco Werner Feymann, in visita ieri a Berlino, e il premier slovacco Robert Fico. «L’Europa si è coperta di ridicolo» ha tuonato il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel. «I tempi dell’evoluzione della vicenda – ha avvertito anche il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni – non coincidono con i tempi di decisione europea. Questo rischia di diventare un problema, mi auguro ci sia un impulso ad accelerare».  I due incontri della prossima settimana sembrano andare in questa direzione. «Si tratta di un problema che può essere risolto solo a livello comune europeo – ha avvertito Merkel – per questo abbiamo chiesto al presidente Tusk di convocare un Consiglio Europeo straordinario la prossima settimana. Non si può aspettare il Consiglio di metà ottobre». Il cancelliere ha, però, avvertito che la riunione non deve servire a parlare della ridistribuzione dei 120.000 richiedenti asilo - «tema in buone mani con i ministri », ha detto - ma a «discutere come si possano meglio aiutare i paesi di origine e di transito e dialogare più intensamente con la Turchia». Merkel ieri è tornata a insistere sul tema degli hotspot, i centri di identificazione e registrazione con l’ausilio di funzionari Ue da creare in Italia e Grecia. «È urgentissimo che siano costruiti – ha detto – da lì dovranno essere redistribuiti i richiedenti asilo. La Germania, l’Austria, la Svezia, non possono risolvere il problema da sole».  «Li stiamo individuando, la scelta non è ancora definitiva, sarà resa nota nei prossimi giorni», ha replicato il ministro dell’Interno Angelino Alfano (si parla di Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle e Trapani, Augusta e Taranto). Mentre Berlino preme, il ministro ha frenato sui tempi (inizialmente si parlava di una partenza già oggi), parlando di due mesi per l’avvio, un periodo che, ha detto, «insieme agli hotspot deve tenere necessariamente insieme anche la distribuzione dei 24.000 richiedenti asilo via dall’Italia come definito ieri (lunedì n.d.r.) e i rimpatri dei migranti economici». Il riferimento è al primo piano di emergenza per spostare un totale di 40.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia, concordato a luglio e formalmente varato lunedì. Proprio ieri Frontex (l’agenzia per le frontiere esterne Ue) ha annunciato che più di 500.000 migranti sono stati rilevati alle frontiere Ue nei primi otto mesi di quest’anno, 156.000 solo ad agosto. L’Italia in quel mese ha registrato 13.000 nuovi arrivi, circa la metà dell’agosto 2014 - i flussi si spostano sulla rotta balcanica. Per la riunione dei ministri di martedì la presidenza ha un obiettivo ambizioso, fare adottare dal Consiglio una decisione giuridicamente vincolante sulla redistribuzione dei 120.000 richiedenti asilo. Si fa sempre più concreta la prospettiva di un voto a maggioranza qualificata, visto che lunedì si è verificato un accordo di massima che ha incluso tutti gli stati membri tranne i Paesi dell’Est 'ribelli'. Non a caso ieri fonti diplomatiche di queste capitali avvertivano che un voto (che li metterebbe in minoranza) costituirebbe un «grave problema politico», mentre lo slovacco Fico ha ribadito che «non accetteremo quote obbligatorie». Non hanno aiutato le virulente polemiche suscitate dal ministro dell’Interno tedesco Thomas De Maizière, che in un’intervista alla tv tedesca ha parlato di «comportamento non solidale di una minoranza» e della necessità di «modi per esercitare pressione», alludendo a possibili tagli ai fondi Ue per i Paesi dell’Est. «Le minacce tedesche sono vuote, ma danneggiano tutti» ha replicato il segretario agli Affari europei ceco Tomas Prouza. Anche la Commissione ha bocciato l’idea, «non ci sono basi legali, e non bisogna parlare di sanzioni, ma di incentivi», ha commentato un portavoce. La stessa Merkel ha corretto il suo ministro, «dobbiamo ritrovare lo spirito europeo, le minacce non aiutano a trovare l’intesa».
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