martedì 4 novembre 2014
​Un gruppo di disabili mentali celebra le Forze Armate nella base di Portoferraio. Ecco come. (Roberta D'Angelo)
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Ordine e disciplina. Già, sembra facile. Se lo pretendi da chi nella testa ha un frullatore di idee, che mette in sequenza secondo una casualità inafferrabile … Ma ordine e disciplina siano. Perché alla fine, il gruppo di disabili mentali delle associazioni Sod e Petra& Piras, ospitato nella base logistico-addestrativa dell’Esercito di Val Carene, a Portoferraio (Elba), sono riusciti a stare alle regole. Proprio come i 18 militari che alle 8 in punto si riuniscono sul piazzale per l’alzabandiera. «Non abbiamo preteso che lo facessero tutti i giorni con noi – racconta il comandante della base, il tenente colonnello Maurizio Silvestri – , ma sapevamo che sarebbe stato un momento emozionante: qualcuno cantava anche l’inno di Mameli, gli altri se ne stavano schierati sull’attenti, in silenzio». La piccola truppa ce l’ha fatta davvero. Perché quando si inceppa il pensiero dei disabili mentali, sono proprio l’ordine e la disciplina a ricreare quell’armonia che mette al sicuro i fragili equilibri. Ebbene, l’opportunità di una vacanza speciale è arrivata dall’Esercito, che da qualche anno a questa parte sta aprendo il mondo circondato dal filo spinato alle esigenze dei disabili.  Anche questo concorre all’Unità nazionale. E anche questo sono le Forze armate, festeggiate il 4 novembre in ricordo dell’ultimo giorno di conflitto della Grande guerra. Proprio mentre la scure dei tagli si abbatte sui servizi ai portatori di handicap, sono dunque gli uomini in divisa a mettersi a disposizione dei disabili. E lo fanno nelle loro strutture residenziali, quelle riservate nei periodi di vacanza alle famiglie del personale militare e al personale in rientro da missioni all’estero. Complessi che in inverno tornano a ospitare reparti operativi. Nel bosco, tra i bungalow, i ragazzi si sono mossi in sicurezza, decisi a esplorare le coste incantevoli dell’isola. Loro, i militari, li hanno scortati e sono venuti incontro alle minime esigenze. «Un po’ di timore, confesso, lo avevamo, al loro arrivo – racconta Silvestri – . Più che altro non sapevamo come si potevano integrare con gli altri ospiti, venuti per un periodo di relax». Accolte al porto, le “giovani leve” si sono ambientate con estrema facilità, tra la curiosità dei vacanzieri con le stellette.  E il felice connubio tra la capacità delle responsabili del gruppo, Elena Piras e Diana Vitali, di “spiegare” il loro mondo e l’apertura generosa degli uomini dell’Esercito crea la scintilla. «I ragazzi si muovevano tra gli altri ospiti con grande naturalezza. Tutti li conoscevano e si fermavano a parlare con loro. La sera – ricorda con gioia il colonnello – giocavamo insieme e tutti si intrattenevano nelle serate con la musica». Insomma, «quando li abbiamo riaccompagnati al traghetto, ci siamo sentiti tutti un po’ tristi». È una sensibilità tutta nuova, quella del-l’Esercito verso i portatori di handicap, che parte dall’interno, dove da quest’anno si è aperto un capitolo inedito anche per i militari italiani rimasti disabili per cause di servizio. Giovani o meno giovani, abituati a lavorare per il Paese, che – proprio in nome e per la Patria - hanno subito menomazioni. L’occasione è nata con gli Invictus games, da tempo avviati negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali, fortemente sostenuta dal principe Harry di Inghilterra. Ospiti della real casa, otto militari connazionali hanno partecipato quest’anno ai giochi paralimpici, a coronamento di un percorso avviato, che consente loro di continuare a vivere con la divisa, e sentirsi ancora parte integrante della società.  Si tratta, spiega il capitano Enrico Della Gatta, di «mantenere attivi i nostri colleghi». Un programma, questo degli Invictus games, fortemente voluto dal ministero della Difesa e sposato dal capo di stato maggiore dell’Esercito, generale Claudio Graziano, in collaborazione con il Comitato italiano paralampico. Un modo per stare vicino ai militari e alle loro famiglie, ma soprattutto un messaggio a chi si è speso fino al sacrificio, racchiuso nello stesso nome: «Non vinti, mai sconfitti». 
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