martedì 25 agosto 2015
Ripreso dopo una lunga attesa l'abbattimento di 650 costruzioni abusive. Eseguita una sentenza del... 1995. Ma solo perché la Procura alza la voce.
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Mentre il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, conferiva a Lamberto Dini l’incarico di formare un governo tecnico in attesa delle (immancabili) elezioni anticipate; mentre in sette paesi dell’Unione Europa entravano in vigore gli Accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone e mentre veniva fondata la piattaforma per acquisti online eBay, una sentenza definitiva imponeva la demolizione delle costruzioni abusive realizzate nel parco archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, zona «ad inedificabilità assoluta», che l’Unesco ha inserito tra i patrimoni dell’umanità. Era il 1995. Tre anni dopo, il 3 dicembre 1998, la Procura di Agrigento darà «esecuzione» alla sentenza e il provvedimento sarà comodamente notificato ai condannati il 16 dicembre 1999. Ieri, vent’anni dopo, le ruspe hanno dato il via agli abbattimenti, cominciando proprio dal muretto di 90 centimetri per venti metri di lunghezza, realizzato in Contrada Muscello, oggetto della prima sentenza. Ma gli operai dell’impresa di Palma di Montichiaro che si è aggiudicata la gara da 80mila euro bandita dal Comune agri- gentino per radere al suolo le 650 costruzioni abusive tirate su in questi decenni in faccia ai templi dorici dell’antica Akragas, hanno dovuto interrompere subito i lavori davanti al «vizio di forma» opposto dal legale dei proprietari del muretto, che chiedeva la «verifica del titolo esecutivo» della sentenza. Ruspe ferme e pm al lavoro che, in tutta fretta, ha dovuto specificare che «per costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’ordine di demolizione emesso in sentenza dal giudice deve essere eseguito dall’autorità giudiziaria ordinaria, atteso che trattasi di provvedimento di tipo ablatorio caratterizzato dalla sua natura giurisdizionale». Un modo contorto per dire che si poteva procedere con le demolizioni, ma che non ha convinto i proprietari, già condannati per abusivismo, che hanno impegnato le forze dell’ordine in una lunga mediazione. Alla fine la situazione si è sbloccata e gli operai hanno portato a termine la demolizione, che si è conclusa nel primo pomeriggio. Evitando a Comune, Parco archeologico e Soprintendenza una denuncia per abuso d’ufficio e omissione d’atti d’ufficio, come minacciato dalla Procura, costretta a usare le maniere forti per vedere applicata una sentenza ventennale. «Si proceda alle demolizioni», era stato l’ultimatum del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo che, il 16 luglio, aveva concesso trenta giorni per avviare i lavori.  E in questi giorni si prosegue con altre opere da abbattere, tra cui cinque case, un ovile e un paio di baracche di legno costruite fra contrada Poggio Muscello, Cugno Vela e contrada Maddalusa. «Si comincia con la rimozione di qualche debole graffio all’interno del meraviglioso parco archeologico di 1.300 ettari», ha detto, a muro abbattuto, il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto. Che ora dovrà vigilare affinché tutto non si fermi per altri vent’anni.

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