domenica 23 novembre 2014
​L'arcivescovo di Palermo, Romeo, spiega la decisione di impartire il sacramento al figlio del boss non in cattedrale ma in altra sede: «Scelta di rispetto verso don Puglisi».
I FATTI
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Reazioni e polemiche per la decisione del cardinale Paolo Romeo di non amministrare il sacramento della cresima nella Cattedrale di Palermo al figlio di uno dei boss Graviano. Lo studente liceale del Centro educativo ignaziano avrebbe dovuto ricevere la cresima ieri assieme ai compagni di scuola, nella chiesa in cui riposano le spoglie del beato padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia nel 1993 in odio alla fede per ordine proprio dei fratelli Graviano. Il ragazzo potrà cresimarsi in forma privata, in un’altra chiesa. «Non è stata soltanto una scelta di prudenza – ha affermato il cardinale Paolo Romeo ieri a margine della celebrazione – certamente i figli non possono portare e non portano i pesi dei padri, anzi un figlio che si trova in queste circostanze riceve più attenzioni dalla Chiesa perché Dio ha sempre avuto una particolare predilezione verso i più deboli. Bisogna pure pensare che in Cattedrale riposano le spoglie di padre Puglisi, ucciso da persone che non mi pare abbiamo mai avuto segni chiari anche di dolore per ciò che hanno commesso». Una decisione che ha diviso la città. Per lo storico della Chiesa e presidente della commissione diocesana che promosse la causa di beatificazione di Puglisi, don Franco Stabile, è un «segnale» che la Chiesa manda alla società. «Non si tratta – dice don Stabile – di un atto di discriminazione verso il ragazzo. Non gli si nega la cresima ma l’uso di un luogo che accoglie le spoglie di don Pino, e quindi è un simbolo della resistenza alla mafia. Padre Puglisi è morto per avere affermato questa libertà in nome del Vangelo». Non così Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro, fondato a Brancaccio proprio da don Puglisi: «Se si voleva evitare davvero la strumentalizzazione del caso, allora sarebbe stato più sensato officiare la cresima con tutti i ragazzi del corso in un’altra parrocchia».
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