sabato 13 agosto 2016
COMMENTA E CONDIVIDI

«La riforma della legge sulle adozioni? Non è assolutamente necessaria ». Parola del professor Mauro Ronco, docente di diritto penale a Padova, già componente del Csm, presidente del Centro Studi Rosario Livatino.

Ma come, professore, da tempo le associazioni segnalano l’assenza di sistemi informativi efficaci, la lentezza delle dichiarazioni di idoneità, i costi eccessivi, il pessimo funzionamento della Cai e tante altre carenze… e lei sostiene che non serve alcuna riforma? Certo, quella esistente è una buona legge. Il problema semmai è la sua applicazione. E qui possiamo discutere. Ma non serve rivoluzionare tutto l’impianto di una norma che ha segnato una svolta culturale importante nel diritto delle adozioni. A meno che non si intenda rovesciare il principio che sta alla base della legge 184, che è appunto il supremo interesse del minore, per far prevalere il desiderio dell’adottante.

C’è il rischio reale che si vada verso una soluzione così assurda? Non saprei, ma se questa fosse l’intenzione della riforma, è facile prevedere che i problemi sarebbero gravissimi. Invece di risolvere le carenze esistenti, se ne aggiungerebbero tante altre, e molto preoccupanti.

A cosa pensa in particolare? In questi anni la magistratura ha sempre agito con grande prudenza nel valutare il 'desiderio' di diventare genitori.

Ma il desiderio di genitorialità non è una componente naturale e insopprimibile dell’amore di coppia? Sì, nell’ambito dell’adozione non deve però prevalere sugli aspetti solidaristici. Il giudice è chiamato a valutare la possibilità che questo desiderio, soprattutto quando è particolarmente intenso da diventare compulsivo, finisca per conciliarsi con il reale interesse del minore. Oggi, troppo spesso, anche in alcune decisioni della magistratura, sembra che quello che davvero conta sia il soddisfacimento del desiderio dei genitori. Così siamo sulla strada sbagliata. Siamo al rovesciamento della logica dell’adozione.

Nasce da qui la vostra posizione critica sulle posizioni espresse dall’Oua alla Commissione giustizia della Camera? Certo, era necessario sottolineare che non tutti gli avvocati si ritrovano su quelle conclusioni, che esistono problemi etici che non possono essere immolati sulla base di ragioni politiche. Quando si parla di minori e di adozioni non è possibile prescindere da valutazioni soprattutto etiche, e anche i giuristi devono tenerne conto.

Quindi l’Organismo unitario dell’Avvocatura è andato al di là delle sue competenze? Non mi soffermerei tanto su questo aspetto, quanto sulla pretesa di esprimere un parere unanime su questioni che, per loro natura, sono divisive. È inevitabile che gli avvocati abbiano posizioni diverse ed era giusto, da parte nostra, dare voce a questo dissenso. Ora vedremo quale sarà l’adesione al nostro appello. Ma, ripeto, al di là di quello che pensano gli avvocati, qui c’è in gioco una questione di rilevanza ben maggiore. Dobbiamo davvero rovesciare le linee guida che negli ultimi trent’anni hanno ispirato il senso stesso delle adozioni? Dobbiamo mandare in soffitta il principio secondo cui al primo posto abbiamo sempre e comunque posto l’interesse concreto del minore senza famiglia? Se così fosse, la nostra opposizione sarà molto ferma.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: