sabato 26 luglio 2014
Dopo 434 anni di attività, ha chiuso i battenti l’Accademia dei Concordi. Flash mob di prosteta di migliaia di cittadini.
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Libri sulla strada, libri nel mezzo della piazza, libri allineati sulla scalinata del palazzo comunale. Libri, a centinaia, persino nella mano dei mille e più cittadini, che al primo fischio hanno alzato il braccio restando in silenzio, il libro brandito come un’arma pacifica e potente, e al secondo fischio si sono dispersi: si chiama flash mob (mobilitazione lampo e spontanea) ed è avvenuta a Rovigo qualche giorno fa, il 7 luglio. Chi fosse entrato quel giorno nella cittadina veneta senza sapere che cosa stesse avvenendo, si sarebbe trovato più o meno come Renzo Tramaglino al suo ingresso in Milano, quando gli sembrava che le pagnotte – lasciate a terra dalla Rivolta dei forni – crescessero sul terreno... E in effetti una rivolta è in corso anche a Rovigo, culturalmente vivacissima, al punto che non di pane si tratta ma appunto di libri, di arte, di conoscenza. Il pane dello spirito. Il fatto è che il 14 luglio scorso, dopo 434 anni ininterrotti di attività, ha chiuso i battenti l’Accademia dei Concordi – problema di cui Avvenire si è già occupato il 3 luglio scorso con una risposta del nostro direttore Marco Tarquinio nella pagina delle lettere –. L’istituzione è la più gloriosa della città, contenente tra l’altro i 300mila volumi dell’unica biblioteca pubblica, frequentata ogni anno da una media di 55mila persone tra studenti, studiosi e lettori provenienti non solo dalla provincia rodigina, ma anche dalle limitrofe province di Padova e Verona, Ferrara e Mantova. Il motivo? Il cumulo di debiti sotto i quali l’Accademia stessa sta soffocando a causa dei mancati introiti da parte del Comune di Rovigo, che è in debito ormai di 370mila euro ma – dice – non ha un soldo in tasca... Che l’Accademia versasse da qualche tempo in cattive acque si sapeva, ma la notizia della chiusura è stata vissuta dai rodigini come ciò che in effetti è: la morte della cultura, la soppressione di ciò che ci fa grandi nel mondo, il disprezzo per un patrimonio storico incalcolabile (dalla Bibbia miniata padovana alle centinaia di incunaboli e cinquecentine di valore inestimabile), ma anche della popolazione defraudata. La goccia ha fatto traboccare il vaso e il sindaco Bruno Piva, già sulla graticola per il recente degrado generale della città, è stato sfiduciato e al suo posto c’è un commissario. «Abbiamo tutti lasciato un libro sulle scale del Comune – commentano i cittadini in piazza – perché se l’amministrazione vuole calpestare la nostra cultura almeno lo ha dovuto fare sul serio. Non è pensabile una Rovigo senza l’Accademia, ci siamo passati tutti, è il simbolo della nostra città viva, se a una comunità togli anche la possibilità di formarsi e studiare le togli in futuro». Qualche libro era rimasto a terra con un piccolo lenzuolo bianco sopra... Ma la protesta popolare ha anche il sapore della solidarietà umana, perché ben dieci persone, sette dipendenti e tre collaboratori, stanno per perdere il posto, questa volta per colpa del consiglio direttivo dell’Accademia, che in un primo momento li ha messi alla porta lasciando sulla strada dieci famiglie, poi il 10 luglio (dopo il flash mob cittadino) con una nuova delibera ha ventilato solo la riduzione dell’orario di lavoro per qualche mese, nella speranza di una normalizzazione entro la fine dell’anno. Fatto sta, però, che l’incontro tra i sindacati e la direzione dell’Accademia ieri ha dato fumata nera, l’accordo per ora è saltato, la biblioteca resta chiusa al pubblico e i dipendenti avrebbero le ore contate. «Sia chiaro che i 370mila euro dovuti dal Comune non sono un generoso contributo che si può dare o non dare», spiega Gianluigi Ceruti, legale dei dipendenti, ex parlamentare dei Verdi e socio accademico da 40 anni, quando l’Accademia era fiorente ed era presieduta da Giuseppe Romanato, parlamentare Dc e presidente della Commissione Istruzione e Belle arti alla Camera: «Esiste dal 1836 un contratto tra il Comune e l’Accademia, poi rinnovato nel 1968, in cui è scritto nero su bianco che le spese vanno ripartite in parti uguali tra le due realtà. Inoltre vi è stabilito solennemente che tali spese per il Comune sono da considerarsi obbligatorie ai sensi della legge». Una soluzione ora ci sarebbe e a suggerirla, oltre a Ceruti, è Antonio Zanforlin, ex parlamentare Dc e presidente dell’associazione Amici del Senatore Bisaglia: «L’Accademia deve contrarre un mutuo ipotecario a lungo termine e ottenere così dalle banche il credito per la gestione corrente, in attesa che il Comune paghi. Le garanzie? L’Accademia possiede beni immobili per oltre 2 milioni e mezzo di euro – spiega –. Io stesso ho scritto una lettera ai responsabili degli istituti di credito affinché, se ufficialmente interpellati, possano dare parere positivo. La cultura non può morire così, e dolersene non basta, occorre agire e subito». Se però Zanforlin si dà da fare e si espone personalmente con idee e azioni molto concrete, il consiglio direttivo dell’Accademia non sposa nemmeno questa soluzione... Da una parte l’insolvenza del Comune, dall’altra la quiescenza dell’Accademia. In mezzo Rovigo, la città dei due conservatori di musica, delle ville palladiane con i concerti sempre affollati di giovani da qui a settembre, dei teatri, della lirica. E soprattutto di un flash mob per la cultura: non succede dappertutto, e forse è questo il patrimonio principale da non perdere.
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