giovedì 2 aprile 2015
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«Senti e il gioco delle macchinette si lavora? Con le macchinette?». «Sì certo lavorano». «L’unica cosa che mantiene è solo le macchinette». «Mantiene ancora?». «Certo». «Cioè non è scesa, lo standard è sempre quello».A parlare sono Ciro, Eduardo e Giuseppe Di Carluccio, esponenti del clan Contini. Il colloquio è contenuto nel decreto di fermo dello scorso 13 marzo nei confronti del gruppo camorrista dell’area di Secondigliano, operazione condotta dalla Dia di Napoli. I tre parlano dell’affare delle slot machine, le "macchinette". La conferma della forte presenza della camorra nel settore dell’azzardo legale. Così sempre un altro esponente del gruppo, Salvatore Di Mauro, si legge nel decreto, era «gestore di fatto delle agenzie di raccolta scommesse di titolarità della società denominata La Scommessa Srl, le cui quote venivano fittiziamente intestate a terzi» e «impiegava nelle relative attività economiche denaro del clan Contini, proveniente, quindi, dal delitto di cui all’art. 416 bis». In altre parole riciclaggio del denaro mafioso. Cambia zona ma non gli affari.Ci spostiamo nell’area di Caserta, esattamente al Portico. Qui lo scorso 11 febbraio un’operazione del comando provinciale dei Carabinieri ha colpito duramente il clan Bifone, collegato a quello potentissimo dei Belforte di Marcianise. Mentre per il settore delle scommesse il clan deve trovare accordi coi "casalesi", per i videopoker può giocare in proprio. Così il collaboratore di giustizia Antonio Barracano racconta di aver installato le macchinette anche nei Comuni di Capodrise, Marcianise, Casagiove, Macerata Campania, «con il beneplacito del clan Belforte». Grazie a un «accordo con Bruno Buttone al quale pagava 250 euro al mese per ogni attività commerciale dove installava le macchinette». Attività confermata da Giuseppina Di Caprio, moglie dell’ex boss di Portico, Antonio Bifone: «Gli Amato con mio marito erano dediti all’installazione e alla gestione delle macchinette videopoker che venivano alterate per ottenere maggiori proventi in modo illecito». Ma il clan sicuramente con un controllo capillare del settore dell’azzardo è quello dei casalesi. Lo spiega bene il collaboratore di giustizia Umberto Venosa. «Preciso che uno dei business fonte dei maggiori introiti per il clan dei casalesi in particolare per la famiglia Schiavone e Bidognetti è stata la gestione dei siti on-line delle scommesse sportive, come il sito lira bet, dei dollaro poker ovvero il poker on-line omissis…». Parole contenute nell’ordinanza dell’operazione "Spartacus reset" condotta dai Carabinieri lo scorso 10 marzo. E la presenza di omissis conferma come proprio sugli affari dell’azzardo si stia ancora indagando. Ma già quello che si può leggere è esemplare. Così racconta ancora Venosa. «Il clan dei casalesi aveva preso accordi con i gestori delle società attive nel settore che si trovano a Casal di Principe, Aversa con nome stanley bet (la società non risulta indagata, ndr), e che comunque potrei individuare effettuando sopralluogo sui posti. Il clan garantiva il monopolio a queste società che nel frattempo si sono espanse in tutto il territorio nazionale come Sicilia, Roma o Foggia, Calabria, ed in cambio riceveva una percentuale di euro 80- 90mila mensili». Più di un terzo degli introiti totali del clan.Cifre enormi confermate da un altro collaboratore, Attilio Pellegrino, il "cassiere" del boss Michele Zagaria. «Ricordo che il Corvino mi fece chiedere se ero in possesso di una lista dalla quale poteva vedere tutte le entrate delle slot machine e da chi venivano versate. Io gli dissi di rivolgersi direttamente a Mario Iavarazzo, un affiliato al gruppo Schiavone. Dalla gestione delle slot e delle scommesse on line, il clan incassava circa euro 100mila mensili». Slot e scommesse, come rivela ancora Venosa. «Il mio compito era quello di girare nei locali pubblici e di vedere dove erano allocate le slot machine. Io raccoglievo i nomi dei collocatori e li contattavo affinché pagassero la tangente. Sempre nelle stesse località mi occupavo anche degli esercizi commerciali che raccoglievano scommesse sportive su siti illegali. Intendo cioè dire che io certamente non mi recavo presso i punti Snai ma presso gli esercizi commerciali in cui si raccoglievano le scommesse sportive ma si indirizzavano verso siti non autorizzati». Si tratta dei siti che ora potrebbe beneficiare del condono deciso dal governo. Anche qui molti omissis. «Io mi accorgevo – dice ancora il camorrista – di questi siti dal nome ".com" del sito sul quale veniva indirizzata la scommessa che ovviamente offriva quote superiori a quelle ufficiali. Io chiedevo al barista chi era la persona che aveva collocato gli apparecchi per queste scommesse, la contattavo e chiedevo la tangente e spesso queste persone mi rispondevano che erano "già a posto". Voglio spiegare che in realtà sia l’attività delle slot-machine che delle scommesse era riconducibile alla famiglia Schiavone sin dai tempi di Nicola». Il figlio del boss Francesco "Sandokan", superesperto di scommesse.
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