lunedì 29 agosto 2016
​Chiara Torlontano, docente di Storia dell'arte: ad Amatrice colpiti edifici e affreschi di grande valore.
La Madonnina di Arquata è rimasta in piedi
Chiese e santuari: i tesori da salvare
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​Sembra banale ma per molti Amatrice è solo la presunta "patria" dell’omonima pasta a base di guanciale. E se subito si è mobilitata una preziosa solidarietà "gastronomica" in tutto il mondo, il rischio è quello di sottovalutare il danno ai tesori artistici della cittadina laziale. Ma perché vi sia attenzione e mobilitazione occorre conoscere. Per farci guidare nella ricchezza del patrimonio architettonico e pittorico stratificatosi nei secoli, abbiamo interpellato Rossana Torlontano, docente di Storia dell’arte moderna presso la Facoltà di Lettere dell’Università "G. D’Annunzio" di Chieti-Pescara, autrice con Anna Imponente del recentissimo volume Amatrice. Forme e immagini del territorio (Electa). Il libro ricompone per la prima volta in un discorso coordinato a più voci un patrimonio artistico disvelato in questi ultimi anni dalla azione costante di tutela della Soprintendenza. Professoressa Torlontano, di fronte all’enormità dei costi umani pagati da Amatrice, per ora è comprensibilmente passato in secondo piano il danno rilevante al patrimonio artistico del comune, poco conosciuto alla maggioranza degli italiani. Possiamo fare una breve panoramica dei tesori storici custoditi da Amatrice?Amatrice posta com’è in un territorio di confine tra Umbria Marche Lazio e Abruzzo, ha vissuto da sempre una continua condizione di osmosi  tra culture diverse. La sua posizione geografica strategica, in una conca tra i massicci dei Monti della Laga e i Reatini, le ha inoltre permesso di sviluppare una cultura autonoma senza diventare luogo di raccolta di novità formali elaborate altrove, come è invece avvenuto per molti altri piccoli comuni distribuiti lungo la via Salaria. Un fortunato appellativo popolare la ricorda come la città delle "100 chiese", che per antonomasia distinguevano il centro e le varie frazioni. I portali delle chiese di San Francesco e di Sant’Agostino, oggi profondamente feriti dal sisma, sono le prime significative testimonianze del periodo di maggiore crescita culturale e artistica per Amatrice. E all’interno di San Francesco, l’edificio religioso più importante della città, è contenuta una rassegna di preziose testimonianze pittoriche la cui esecuzione occupa un lasso di tempo abbastanza lungo, che va dalla metà del XIV secolo fino oltre la metà del successivo. Gli affreschi di San Francesco insieme a quelli dell’antica chiesa di Sant’Emidio, già santa Maria delle Laudi, sede del Museo Civico "Cola Filotesio", costituiscono gli apici dell’evoluzione formale della civiltà pittorica del borgo, che ha il naturale punto di arrivo nei sontuosi affreschi della Madonna della Filetta. Questi ultimi, oltre ad identificarsi come il monumento simbolo della pittura marchigiana ad Amatrice, risultano anche il punto terminale di questa civiltà pittorica, dal momento che proprio sui ponteggi del Santuario della Filetta avverrà il passaggio di testimone verso la più moderna cultura rinascimentale. Quali altre tracce artistiche sono degne di menzione?L’epoca di cui resta il maggior numero di testimonianze pittoriche è quella che si apre nell’ultimo quarto del XV secolo e si esaurisce nel primo ventennio del Cinquecento. Ed è significativo che sul crinale del secolo si collochi l’apprendistato di Nicola, detto Cola, Filotesio il cui tirocinio sembra prendere le mosse proprio nel fortunato cantiere del Santuario dell’Icona Passatora, il monumento più importante di questa fase. Cola dell’Amatrice, che ebbe nella cittadina i suoi natali, è uno dei protagonisti del Rinascimento italiano, è artista moderno e partecipe delle inquietudini del primo Manierismo. Nel Museo Civico a lui intitolato si conserva sorprendentemente soltanto un’opera, la "Sacra Famiglia" del 1527, mentre nella chiesa di Cornillo Nuovo e in quella di Santa Maria delle Grazie a Varoni rimangono ancora alcuni esempi scultorei di quel Rinascimento aquilano, che aveva concorso tra gli altri alla sua formazione, attribuibili alla mano delle sue maggiori personalità, Silvestro dell’Aquila e Saturnino Gatti Alcuni episodi del Cinquecento sono custoditi nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Varoni, edificio a navata unica di fondazione medievale rimaneggiato alla fine del Quattrocento. Al suo interno sono ospitati sontuosi arredi lignei, testimonianza del rilievo assunto dall’arte dell’intaglio, così come era accaduto nell’area aquilana. È difficile tracciare un quadro d’assieme della pittura di epoca barocca per i numerosi sconvolgimenti politici e il susseguirsi di terremoti e calamità che colpirono la zona tra il Sei e Settecento rendendo travagliata l’esistenza degli abitanti della cittadina. C’è inoltre un’importante testimonianza del XX secolo. Ce ne può parlare?Una peculiare testimonianza del Novecento è contenuta infatti nella prima sede costruita in Italia dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno,  voluta da don Giovanni Minozzi, cappellano militare durante la Grande Guerra. Questo complesso, la cui vicenda costruttiva si è articolata per ben oltre un ventennio, conserva intatta  e visibile la sua  impronta razionalista all’interno del tessuto urbano della cittadina. Alla decorazione del monumentale complesso concorsero alcuni nomi di spicco del panorama dell’arte e dell’architettura italiana dei primi anni Trenta del XX secolo: tutti interpreti di quei fermenti culturali del primo dopoguerra compendiabili nel recupero dell’antico e del mestiere auspicati nelle pagine della rivista «Valori Plastici».Allo stato attuale sembra che il recupero di tutte questi tesori sia molto difficile. È possibile fare un primo, provvisorio bilancio?Penso che il dramma della popolazione, ancora così lacerante, non consenta ancora di ipotizzare un bilancio dei danni. Posso solo segnalare che nel volume pubblicato appena qualche mese fa, sono già contenuti i risultati dei restauri eseguiti in seguito ai danni del terremoto del 2009 che aveva colpito marginalmente strutture e cicli di affreschi in chiese e santuari nei boschi.
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